venerdì 27 aprile 2012

25 aprile: liberaci dal ricordo, amen


“Devono smetterla di parlare della Resistenza e dei partigiani, osannandoli e basta. La Resistenza non è stata di tutti, la Resistenza non è stata di tutta l’Italia!”.
“Ma nonna…”.
“Ci siamo scannati tra vicini di casa, in casa. Ci siamo scannati tra parenti, tra cugini, senza pietà. Siamo diventati delle bestie, tutti,  anche i partigiani”. 

*

“Stavamo sopra in cima a Baruffini, sopra il camposanto,  in quel punto dove la strada curva stretta stretta e c’è una specie di muretto di sassi, là dove si vede tutta la valle che si apre in giù come una cascata. Ero una ragazzina, avevo dieci anni, stavo là con mio zio, un po' accucciata.
I fascisti stanno andando al cimitero zitti, portano un ragazzo a seppellire.
Io e mio zio li guardiamo da sopra, loro non ci vedono.
Mio zio prende la mira con quel fucile speciale che aveva lui, poi spara: ne colpisce due.
I fascisti cadono, van giù come sacchi di patate: tum-tum.
Io salto, grido: “Bravo zio! Due fascisti! Li hai presi!”, come ad essere alla caccia dei fagiani, delle anatre.
Capisci? Io mi vergogno di me, oggi, per quella felicità di allora. Ma cosa vuoi? Adesso, non serve più a niente…”.

lunedì 9 aprile 2012

dimmi una parola. #7 "vampiro"


- Un vampiro: quando scrivo divento un vampiro.
Alle loro spalle ci sta il mare e il lungomare e la gente che fa lo struscio: le donne nei vestiti sguaiati, i passeggini, gli uomini con la camicia nera stirata e profumata.
- Il mio mestiere è rubare la vita: quella di chi mi sta intorno, le parole, i gesti. Mie sono solo le cuciture, gli incastri. I personaggi, le loro battute, i tradimenti, gli amori, le perdite invece no: quella è tutta roba rubata, è tutto un bluff.
Lo ammette fiero e sorridente. Lei è a disagio: come si può affermare con tanta serenità di essere un ladro? Cosa è, cosa mi significa questa cosa del rubare?
- Vuoi un po’? Assaggia. E’ il miglior gelato al limone della città.
E gliene ficca in bocca un cucchiaio.
Lei non è abituata a farsi imboccare. E’ una cosa che la mette in imbarazzo. Se qualcuno prova a infilarle un cucchiaio o una forchetta in bocca, rifiuta con decisione; a lui però, non riesce a dir di no. L’ha imboccata anche al ristorante, poco fa: spontaneo, animato dal desiderio di condividere quello che aveva nel piatto. Anche adesso, come prima, le guance le si infiammano e lei si chiede se da fuori si veda quel rossore che l’abbrucia tutta di dentro.

mercoledì 4 aprile 2012

dimmi una parola. #6 "desiderio"


Di desiderio di filo bianco 
per non perderci nel sonno
ricamammo le nostre palpebre all’interno
coi nomi nostri annodati,
a formare un’unica parola-valigia 
       - abbacinante sfolgorante vivifica
la parola-valigia più fragorosa
la più assordante
la perfetta
quella che esplode i maremoti
disordina i pesci nei mari, le fioriture
e squassa la terra nelle ossa
seminando i monsoni e le cascate al suo risveglio.

Ancora, se chiudo gli occhi oggi,
io ti vedo,
un filo nel buio.
Slegato.


***


La parola di oggi, "desiderio" ci è stata poeticamente offerta da Alice Bianconiglio.

NOTA: è stata Alice a insegnarmi che cosa è una parola-valigia. Una parola-valigia è una parola creata dalla fusione di due parole che hanno in comune un segmento (fonema o lettera). Tipo "Musicassetta". O "Saranocchia". O "Sarallegra". O... insomma, avete capito.

domenica 1 aprile 2012

dimmi una parola. #5 "insonnia"


Insonnia, dicono. Non so se sia insonnia. So solo che non dormo. 
E che mi viene la super-vista, di notte. Pensare, non penso a niente di particolare. A dir la verità, non penso affatto. Guardo il soffitto, gli oggetti intorno a me; durante le ore sottratte al sonno mi sembra di vedere meglio i contorni, le profondità. Se sapessi disegnare, nelle ore notturne farei disegni meravigliosi, rivelati.
Quando di notte non dormo, i fili che tengono insieme la realtà mi si mostrano.
Sembra tutto più chiaro, la notte, come studiare la radiografia di una spalla lussata, come osservare la trama di un tessuto con una lente di ingrandimento. 
Eppure, non è che poi alla mattina io abbia in mano la chiave dell’Universo, no. E’ tutto come prima: la realtà torna ad essere quella di sempre e, anche se mi è dato di conoscere i fili che la costituiscono, non è che questo mi renda migliore, o mi faciliti la vita, no. E’ come sapere quanti semafori ci sono a Manhattan (duemilaottocentoventi). O se i panda hanno il pollice opponibile o meno (ce l’hanno). Non cambia nulla.