non sono scomparsa in questo periodo e non ho perso interesse ne lasaRamandra.
solo, la testa corre, ha ripreso a girare ai duemila all’ora e non le sto dietro.
quando capita è faticoso, perché non riesco a imbrigliare i pensieri, ma è anche un bene, di solito, perché sono i momenti più creativi, in cui mi vengono mille idee.
spesso sono purtroppo idee poco realistiche poiché in quei periodi mi sento piena di un’energia che presto mi abbandona, ma vabbè, si tratta solo di imparare a capire che cosa è realizzabile e cosa no: conto di riuscire a farlo prima di quella crociera sulla luna che ho progettato per il mio quarantesimo compleanno.
questo mio altalenare continuo è il motivo per cui di solito evito di parlare troppo presto, prima di essere certa di quel che sarà: per timore di tirarmi la sfortuna addosso, per pudore di raccontare cose che ancora non sono, per non disattendere le aspettative mie e altrui.
nell’incerto c’è però tutta una spuma di eccitazione, ci sono i brividi dentro, le farfalle nella pancia tanto simili a quelle dell’innamoramento.
e quel friccicore è bello, è così vivo.
e allora perché non dirle, le cose insicure? è solo il loro esito ad essere dubbio, il loro presente è pur sempre reale, fatto di persone reali che fanno rete intorno.
persone che non legano, ma che tengono.
che fanno il nido e vegliano su uova piccole.
che hanno occhi ragazzini profondi, uguali e diversi dai miei.
persone pure.
le idee si intrecciano, si annodano, si infilano negli spazi vuoti del pensiero e infine germogliano.
quindi ora piano piano vi dico
che sto covando
insieme a un’amica uccella custode di parole
delle storie di buio, delle magie
che avranno anche dei Disegni di buio.
e da un’altra parte
lontana e vicina
a casa-milano-e-dintorni
si sta pensando di mettere in scena un mio racconto lungo:
“hanno ucciso barbapapà”, si chiama.
le mie parole a teatro
le mie parole coi disegni.
forse.
è tutto un forse: i disegni, il teatro, le storie che chissà se riesco a vederle tutte nella testa e a scriverle comprensibili.
forse però ce la faccio.
forse.
solo, la testa corre, ha ripreso a girare ai duemila all’ora e non le sto dietro.
quando capita è faticoso, perché non riesco a imbrigliare i pensieri, ma è anche un bene, di solito, perché sono i momenti più creativi, in cui mi vengono mille idee.
spesso sono purtroppo idee poco realistiche poiché in quei periodi mi sento piena di un’energia che presto mi abbandona, ma vabbè, si tratta solo di imparare a capire che cosa è realizzabile e cosa no: conto di riuscire a farlo prima di quella crociera sulla luna che ho progettato per il mio quarantesimo compleanno.
questo mio altalenare continuo è il motivo per cui di solito evito di parlare troppo presto, prima di essere certa di quel che sarà: per timore di tirarmi la sfortuna addosso, per pudore di raccontare cose che ancora non sono, per non disattendere le aspettative mie e altrui.
nell’incerto c’è però tutta una spuma di eccitazione, ci sono i brividi dentro, le farfalle nella pancia tanto simili a quelle dell’innamoramento.
e quel friccicore è bello, è così vivo.
e allora perché non dirle, le cose insicure? è solo il loro esito ad essere dubbio, il loro presente è pur sempre reale, fatto di persone reali che fanno rete intorno.
persone che non legano, ma che tengono.
che fanno il nido e vegliano su uova piccole.
che hanno occhi ragazzini profondi, uguali e diversi dai miei.
persone pure.
le idee si intrecciano, si annodano, si infilano negli spazi vuoti del pensiero e infine germogliano.
quindi ora piano piano vi dico
che sto covando
insieme a un’amica uccella custode di parole
delle storie di buio, delle magie
che avranno anche dei Disegni di buio.
e da un’altra parte
lontana e vicina
a casa-milano-e-dintorni
si sta pensando di mettere in scena un mio racconto lungo:
“hanno ucciso barbapapà”, si chiama.
le mie parole a teatro
le mie parole coi disegni.
forse.
è tutto un forse: i disegni, il teatro, le storie che chissà se riesco a vederle tutte nella testa e a scriverle comprensibili.
forse però ce la faccio.
forse.
voi però non andate via, vero?