Mi dicono che dovrei scrivere storie più lunghe, romanzi. Io ho sempre risposto che non ne sono capace.
Adesso però mi sono detta che le cose che non si è capaci di fare si possono, spesso, imparare.
Su consiglio di un’amica, per cominciare, mi sono guardata il videocorso di narrazione di Giulio Mozzi
E’ bravo lui, a spiegare. Ma io, alla fine della serie di video –anzi, prima della fine, alla quattordicesima puntata- ho realizzato che quelle spiegazioni - correttissime e precise- non fanno per me.
Adesso però mi sono detta che le cose che non si è capaci di fare si possono, spesso, imparare.
Su consiglio di un’amica, per cominciare, mi sono guardata il videocorso di narrazione di Giulio Mozzi
E’ bravo lui, a spiegare. Ma io, alla fine della serie di video –anzi, prima della fine, alla quattordicesima puntata- ho realizzato che quelle spiegazioni - correttissime e precise- non fanno per me.
Quando scrivo una storia, io la vedo, tutta, come un film velocissimo e compatto. Per scriverla, devo essere sufficientemente rapida da acchiapparla e sufficientemente abile da distenderla, farla piana, metterla giù in parole perché diventi comprensibile e visibile anche per gli altri.
Quel giochino lì mi diverte.
Se devo mettermi al tavolo a pensare, non mi diverto più.
Io so scrivere quello che vedo e neanche tutto, perché la maggior parte di quello che vedo va troppo veloce anche per me.
Questa cosa l’ho ripetuta più volte, consapevole del fatto che per la maggior parte delle persone queste parole non avessero senso.
L’altro giorno però ho letto un libro che mi ha chiarito le idee e mi ha fornito le parole per spiegare meglio questo mio modo di pensare.
L’autore si chiama Ronald Davis e il titolo del libro è “Il dono della dislessia” (qui ne trovate una parte ).
Quel giochino lì mi diverte.
Se devo mettermi al tavolo a pensare, non mi diverto più.
Io so scrivere quello che vedo e neanche tutto, perché la maggior parte di quello che vedo va troppo veloce anche per me.
Questa cosa l’ho ripetuta più volte, consapevole del fatto che per la maggior parte delle persone queste parole non avessero senso.
L’altro giorno però ho letto un libro che mi ha chiarito le idee e mi ha fornito le parole per spiegare meglio questo mio modo di pensare.
L’autore si chiama Ronald Davis e il titolo del libro è “Il dono della dislessia” (qui ne trovate una parte ).