venerdì 24 giugno 2011

in strada (seconda parte)

la serena ha le chiavi di casa anche se è piccola e deve stare attenta a non perderle, ha un cane con le crisi epilettiche che piscia anche in casa e un fratello piccolo e sporco che si chiama cristian. cristian gioca a pallone in strada coi ragazzi grandi, è magro come sua sorella ma, a differenza di sua sorella, non passa tra le sbarre del cancello dei box perché ha la testa troppo grossa e rotonda come quella di charly brown.
a volte la serena si affaccia alla finestra del soggiorno e butta dei biglietti in cortile con scritto che parte col circo togni e che non torna più o che vuole morire, mondo crudele. mondo crudele, dice. è bello mondo crudele da dire.



la serena sa piangere a comando come le attrici e quando piange sembra vero, piange proprio con le lacrime.
mia nonna dice che se la serena non la smette di fare la stupida un giorno le da due papine che poi almeno sa perché piange. però la serena non piange solo per finta, piange anche davvero, io l’ho vista. quando piange davvero lo riconosci perché lo fa in silenzio e si morde la pelle dei polsi, invece quando piange per fare la sceneggiata napoletana fa i singhiozzi esagerati. per esempio, quando le dicono puttanatroia piange per davvero.
un giorno la serena si affaccia al balcone dell’ottavo piano e grida mi butto! adesso mi butto, mondo crudele!
passano la signora cattaneo del terzo piano e il signor carlo e la signora elvira, tutti guardano su ma nessuno dice niente e vanno a casa.
noi stiamo tutti di sotto, ma sotto di fuori, dietro il cancello, perché all’ingresso non possiamo stare a giocare e nemmeno a guardare uno che si butta, dice mia nonna che fa la portinaia.
la serena grida e piange, ma da giù sembra un po’ che faccia finta, infatti fa il pianto tragico.
il signor eugenio si affaccia dal quinto piano e le dice müchela lì, serena, che l’è üra de dürmì! il signor eugenio dorme sempre perché è malato di mal di testa e sua moglie, se alle due del pomerigggio giochiamo sotto le loro finestre, ci tira giù i catini di acqua gelata, anche ad ottobre.
la serena continua a gridare e mette una gamba oltre alla ringhiera. adesso è a cavallo del balcone. dall’ottavo piano si vede tutto il deposito degli autobus, la chiesa, i giardinetti e, quando c’è il sole, le montagne in fondo alla via. chissà se adesso si vedono le montagne da lassù.
sotto noi ci stiamo un po’ annoiando, io comincio a pensare che è ora che a serena si decida, o si butta o non si butta, non è che possiamo stare tutto il pomeriggio qui ad aspettare, alle quattro inizia anche bim bum bam.
un po’ mi dispiacerebbe se si buttasse, però sono anche un po’ curiosa: io non ho mai visto nessuno buttarsi dal balcone, almeno la silvia ha visto uno che si buttava sotto la metro, io invece niente. se la serena si butta avrò finalmente qualcosa da raccontare anch’io mentre adesso non mi fanno mai parlare perché sono la più piccola e mi dicono che non so niente.
insomma, ora sono qui che non so più se sperare che si butti o che torni in casa, inizio quasi a desiderare che arrivi sua madre e con il balzo del gatto la prenda per i capelli come il fulmine e la gridi come al solito. a me tutte queste emozioni non mi fanno bene, mi viene subito il mal di pancia dal nervoso, io preferisco quando va tutto sempre uguale, tutto tranquillo senza sorprese.
fa caldo e ho tutti i capelli appiccicati sulla fronte e sul collo che mi fanno prurito. passo la lingua sul labbro di sopra, sotto il naso, lecco tutto il salato. mi siedo sul gradino del negozio della signora maria e faccio rimbalzare un po’ la palla aspettando che la serena si decida.
dietro i miei piedi le formiche fanno avanti e indietro dal formicaio, ne conto centoventidue. penso che se quando arriverò a duecento la serena non si sarà ancora buttata, andrò in bagno a fare la pipì: me ne sono già fatta un goccino addosso e il caldo bagnato nelle mutande mi fa sudare ancora di più.

 (continua)

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