sabato 26 febbraio 2011

sono diventata mamma, éghen

quando lavoravo in comunità, soldi ce n'erano pochi: pur utilizzando lampadine a basso consumo e spostandoci in pedibus nove volte su dieci, pur optando per i vestiti in saldo e tenendo il riscaldamento basso, a fine mese ci arrivavamo tirati.
sul cibo soprattutto dovevamo ingegnarci, ma facevamo comunque sempre fatica: anche scegliendo i prodotti in basso allo scaffale del supermercato e le sottomarche, anche inseguendo tutti i 3x2, anche comprando bottiglioni da quattro litri di shampoo e confezioni famiglia (cielllina) di tristissimi cereali in scatole dalla tinta mesta. 
ce la cavavamo con l'aiuto del banco alimentare e di  quelli del mercato, di banchi. 
la formula, di base, era sempre la stessa: vinceva a mani basse qualsiasi prodotto che rispondesse ai requisiti di minima spesa, massima resa. 
poi però c’era la seccatura di dover pensare che dovevamo nutrire dei bambini, non dei cavalli, e la biada quindi non era indicata. inoltre, se ai bambini gli rifili a  pranzo patate e a cena polenta, prima o poi gli viene lo scorbuto e i servizi sociali, su certe sciocchezzuole, sanno essere noiosi da non credere, vi assicuro.
io, tra i miei colleghi, ero quella a cui si riconosceva la dote di riuscire a mettere insieme un pasto decoroso con due pomodori e un tozzo di formaggio. ed è stato proprio in comunità che mi sono conquistata il soprannome di cui vado molto fiera, ovvero la regina degli avanzi. 

l'altro giorno ho scritto quel post, la cena degli avanzi (freddi) e mi sono tornati in mente i tempi della comunità (che per me sono sempre ricordi che scaldano) e questa cosa del saper cucinare qualcosa di gustoso con poco.
l’ avanzo, in cucina, non e' uno scarto, non è la parte da buttare. l’avanzo è la parte rimasta di qualcosa che prima era semplicemente di più. 
mia nonna con gli avanzi di stoffa ci faceva delle coperte di lana. 
con gli avanzi di pasta ci fai la frittata. 
insomma, l’avanzo serve, nutre.

poi ho pensato a qualcosa che non c’entrava niente, chi lo sa il perché. 
riflettevo su quanto il mio pensiero venga stimolato più da ciò che vedo, osservo, immagino (e quindi, ancora una volta, in altro modo, vedo) che da ciò che ascolto, ad esempio. 
ho pensato a quanto i miei occhi siano sensibili e a quanto io venga influenzata da loro nel mio sentire.

poi ho ripensato al post sugli avanzi freddi, al mio prendere appunti disordinati e luminosi e al mio avere in testa delle polaroid di parole, tutte sparate col flash inserito ma senza troppo lavorìo cerebrale. polaroid che sono di parole ma che nella mia testa contengono un'immagine, quasi sempre.

infine ho messo insieme tutto in un modo che non so spiegarvi e ne è nata una tavola apparecchiata solo per loro, solo per quelle parole poche il giusto, come grani di sale che si accompagnano a immagini che sono olio buono sul pane. 
dopo un travaglio di ore su internet, è nato http://cartigliearsomigli.tumblr.com/ 
e ve lo annuncio con la tenerezza e l'orgoglio che solo una mamma...

da oggi vi aspetto anche lì.
finché dura.

sabato 19 febbraio 2011

nausee

trentanniequalche e l'orologio biologico che grida che bisogna scopare scopare scopare per sentirsi vivi e magari per riprodursi in fretta che non si e' più così giovani. lo dicono le rughe che ci raggrinziscono e le ovaie che si raggrinziscono che dopo una certa età, insomma, avere un figlio diventa anche pesante, sì, insomma, ci vuole energia anche per tirarlo su, un figlio, mica hai finito quando lo hai partorito. scopare scopare. guarda quello, guarda quella. è tropppo vecchia, a me piacciono giovani, io sembro più giovane, me lo dicono tutti. quando avrò dei figli? ormai è tardi, lo sai. non importa, io tanto non li volevo, i figli. venerdì sera, settimana finita,  bere, ballare, cercare qualche bocca qualche buco qualche cazzo un po’ di saliva un culo stretto un po' di fica piccola che scaldi, qualcuno con cui passare la notte e un letto in cui dormire in due ma da cui svignarsela prima del caffè. scopare per non pensare. provare ansia nell’immaginarsi soli tutta la vita. sentirsi non desiderabili, pensare di non esserlo più. chiedersi se lo si è mai stati, desiderabili. essere ossessionati dalla vecchiaia, dai tessuti che cominciano a lasciarsi andare. pensare alla morte, temerla per la prima volta. consumare più amplessi possibili nella speranza di scongiurare l’inevitabile spargendo seme e fluidi.
io mi sento fuori dal tempo. questa sessualità compusiva mi dà la nausea. funziono diversa, almeno un poco. non meglio, non peggio: diversa. consapevolmente amabile a tempo determinato, non cerco nemmeno. guardo. penso. immagino se. Desidero, quello sì. mi eccito la fantasia con cose che non sono e che non accadranno per il semplice motivo che non voglio che siano. e con le mie paure per ora riesco a conviverci.
trentatré anni e sentirsi nel posto sbagliato, fuori tempo, sempre, ovunque, come a diciassette anni. 
essere un poco stanca ma anche serenamente rassegnata. ecco, questo forse non come a diciassette anni, ma va bene lo stesso.

martedì 15 febbraio 2011

la cena degli avanzi (freddi)

sono disordinata di pensiero e tutto il mio disordine mentale trabocca e si sparpaglia intorno a me ad una velocità sorprendente.
durante il giorno o la notte, immagini a guizzi mi si piantano in testa e allora le scrivo, dove capita: su uno scontrino spiegazzato, sul volantino del nuovo cinese take away all’angolo, sul cellulare. mi appunto una riga o due, nella convinzione che una manciata di parole basti poi alla sera a farmi ricordare ciò che la mattina, al lavoro, sfogliando la pasta all’uovo, ho percepito in modo chiaro e inequivocabile come una chiamata divina.
ma il più delle volte, ovviamente, questo metodo con me non funziona come dovrebbe.
se non vado immediatamente a fondo di quel pensiero sfilacciato, lo perdo per sempre.
a volte proprio non capisco il senso delle parole che ho annotato; in certi casi, invece, l’idea che alla mattina mi era parsa originale ed emozionante alla sera mi sembra di una banalità vergognosa. ma soprattutto, impossibile da sviluppare.
stasera volevo scrivere. ho il cellulare traboccante di note e volevo liberare un po’ di memoria sviluppando qualche idea. ma no, niente.
così ho deciso di metterle tutte qui, queste idee-avanzo, queste idee buone neanche se le riscaldi.
perché? per niente, tanto per pulire il telefono senza rimorsi, tanto per vederle scritte più spaparanzate e dar loro un attimo di –immeritata- celebrità. 
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18/01/11
Quando l’ultimo delfino si sarà mangiato l’ultimo anello sottomarino

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29/01/11
E’ normale/ non è normale.

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senza data, trovata su un foglietto in borsa
A dire parole come Casa e Moglie e Marito bisogna essere di luce e desiderio e volontà. Ma soprattutto bisogna essere in due.

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06/02/11
Alle medie ti insegnano a usare una lametta per riparare agli errori di china. Devi graffiare via lo sbaglio, inciderlo. Non mi è mai piaciuto come metodo. Il taglio lascia cicatrici sul foglio, sempre visibili, irreparabili. Preferisco tenere insieme anche nel brutto il bello. A volte però tagliare è necessario.  Per ricominciare tutto, con fatica, dal primo segno di matita.

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07/02/11
Al mercato del lunedì ci trovi bottoni nastrini loempia cappelli stivali usati poncho collane stoffe sciarpe fiori mutande calze.

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14/02/11
In quella foto ero io ma ci ho visto mia madre da giovane. In brutto.

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15/02/11
Ad amare bisognerebbe essere almeno in due. Tra i due, capita che uno succhi dall’altro energia, linfa, come vampiro. Poi, quando tutto ha succhiato, se ne va. Lasciando cadaveri.


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15/02/11
Solo baci piccoli al rallentatore vorrei,  basta legacci di mente e torture silenti.



***


che poi una in realtà me la sono tenuta nascosta, che mi sa che lì dentro c’è qualcosa davvero che deve venire fuori.
surprise!

sabato 12 febbraio 2011

hic et nunc

ci sono panni di dolore stesi al sole, necessari
e nessuna risposta, nessun segno 
nelle nuvole rade.

intorno è un azzurro che acceca:
se è passato un giorno 
o un anno non saprei dire,
non saprei dire chi siamo
e che cosa ancora saremo, se.

una sopravvissuta allo specchio
mi porge i palmi
armati solo di acqua 
e fiori grassi di magnolia.

non resterà più niente forse
ma i semi e i girini 
i semi e i girini sì.

giovedì 10 febbraio 2011

buone nuove!

molti si sono lamentati del fatto che la registrazione al blog fosse macchinosa e complicata. oggi ho scoperto che potevo modificare le impostazioni, eliminando questo inutile passaggio.
da adesso tutti dovrebbero riuscire a postare il loro commento senza bisogno di registrarsi (tutti a parte Daje, che secondo me ormai è stato bannato ufficialmente dal signor blogger in persona a causa dell'uso di un linguaggio inappropriato :)

ah: fatemi sapere se funziona!

sabato 5 febbraio 2011

specchio riflesso

io ti odio, corvodimmerda.
tutte le mattine appeso dritto al ramo più alto di quell’albero spoglio, stai.
io preparo il caffè e ti guardo, tu resti di pietra.
poi, io esco, non so che cosa tu faccia dopo.
oggi ho giornata libera, non lavoro.
corvo sta lì, sul ramo.
c’è un vento da tre giorni che sembra di essere sotto il mare in burrasca: un rumore come di mille vacche al macello e poi sacchetti e pezzi di lamiera che volano. è tutto uno spaccarsi di rami e un mugghiare cupo. ma lui rimane lì, una statua.
mi irrita.
che ci fai su quel ramo tutto instabile, corvo cretino?
fa freddo, viene la tempesta, se n’è accorto anche quella sottospecie di cane dei vicini, quel quadrupede insulso che se fosse di pezza sembrerebbe più vivo. adesso abbaia alle foglie che volano e si sente tutto fiero, tutto animale da guardia. che cane inutile.
corvo, spostati.
che cosa aspetti? non hai amici?
sono ormai quattro ore e mezza che te ne stai fisso su quel ramo, testardo.
ma non hai di meglio da fare? che cosa fate voi corvi oltre a camminare tutti storti con lo sguardo vitreo e allucinato?
leggo: “durante il mese di febbraio il corvo comincia a costruire il nido, deponendovi poi le uova ai primi di marzo. il nido viene collocato sulle pareti rocciose, sugli scogli e sulle cime degli alberi più alti, comunque in luoghi inaccessibili.”
il nido. stai studiando dove fare il nido.
no, il nido no, ti prego. non ti ci voglio coi pargoletti tuoi.
vattene, corvo.
sei ottuso e ostinato.
quel ramo è troppo fragile, te lo direbbe pure Cane Di Pezza qui sotto.
vai a farti la casa sul tetto del rijksmuseum che è bello alto e ci prendi il sole e i topi in giardino. non qui. qui mi dai fastidio.
e adesso cos’hai che mi guardi?
ti odio, corvodimmerda, sei stupido e lento.
stai progettando il tuo futuro su un ramo che si spezzerà stasera e non te ne sei ancora accorto.
ma che cosa ci hai in testa? non può funzionare. non vedi come ondeggia? non li senti gli scricchiolii fini che partono da terra?
vattene corvo, vai a cercarti un altro albero, un palo della luce, un comignolo, vattene al mare sugli scogli che non ci sono, vai lontano che non ti possa più vedere, togliti da quel cazzo di ramo ballerino, trasferisciti, scrosta il tuo culo nero dalla mia vista, usa quelle fottutissime ali invece di startene lì imbalsamato, sparisciti, fulminati, crepa, cazzo, crepa.

anzi, no.
vivi, perdio, almeno tu, vivi, corvodiatodimmerda.

venerdì 4 febbraio 2011

storie sui muri

prima viene la cerbiatta.
è grande e sta al centro della parete.
se fosse a colori sarebbe azzurra e blu.
ha gli occhi profondi e scuri.
la cerbiatta mi guarda e sa.
tutto dentro di me vede la cerbiatta
e mi lecca il cuore e i pensieri con gli occhi di buio.
io mi giro, la guardo, e sto bene.

poi vengono i pesci.
i pesci hanno lo sguardo pallato.
dopo che arrivano i pesci, un po’ ho l’ansia.
sembrano spaventati a morte, sembrano scampati a un disastro.
li guardo e mi vedo dentro quegli occhi: sono un po’ me, i pesci,
spero che prima o poi si calmino.

e poi viene il lupo.
il lupo è maschio e giovane
e ulula forte ma silenzioso
un canto di fiato e pesci rossi.

poi in cima
la cinciallegra tutta contraddizioni
infatti vola contomano.

e ora la balena.
la balena non voleva starci, sul muro,
ma io lo sapevo che c’era un modo per farle spazio
e
alla fine
io
l’ho
trovato.

la balena
è antica
ha sguardo di nonna e di neonato
rugoso
e da lontano mi canta e io dormo,
la balena.