mercoledì 28 dicembre 2011

cose di giocare: iBiglietti

oggi ho scoperto un gioco bellissimo, un gioco a cui si gioca in tanti, nella rete. si chiama iBiglietti e l'hanno inventato  ilmagodiossh, laura lali e did.
è un gioco che va a formare una specie di collana di perline che unisce una moltitudine di persone diverse e lontane. ogni perlina è un racconto. per infilare la propria perlina bisogna guardare quella precedente, vedere con che parola finisce e, con quella, cominciare la propria storia. 
si hanno mille parole a testa per giocare, poi, si passa il filo. 
non si vince niente.
a me sono sempre piaciuti i giochi dove non si vince niente, giochi che divertono senza bisogno di pensare ai punti. e mi piace l'idea di costruire con altri qualcosa che sarà leggero e importante come un giro di perle. per questo mi sono iscritta a iBiglietti e adesso non vedo l'ora che qualcuno mi passi il filo.

se clicchi qui puoi iscriverti anche tu (e non vincer niente insieme a me).

giovedì 22 dicembre 2011

genti di desiderio #11

di appoggiarsi un poco di più, di dietro,
per essergli calco del corpo, col suo corpo;
di contarle le vertebre
con passi brevi di indice e medio;
di premere, di modellarle
le clavicole,
le scapole,
la gola;
di piegarla, una mano sulla schiena,
e di attraversarla
da parte a parte
nella carne e nel cervello,
vorrebbe dirgli.

e invece
non ti preoccupare
te la curo io la bambina
no, non mi pesa fare la tata,
ti giuro.
goditi un po’ la tua martina
anzi, salutamela
salutamela tanto
augurale buone feste
passate un buon natale,
un buon capodanno,
un buon tutto.
auguri
auguri.

infine, la fine

oggi, su barabba, la decima e ultima parte di "Hanno ucciso Barbapapà" o "Io per me vorrei essere una rana". le precedenti le trovate qui.

presto l'ebook: per chi non ha avuto la forza di star dietro a tutte le puntate, ma anche per gli altri, eh.

mercoledì 21 dicembre 2011

questo natale mi sorpasserà da destra

mi trovo all’interno di un grande magazzino, le lucine, i festoni, le carole natalizie.
sto cercando gli ultimi regali, muovo gli occhi rapida, cacciatrice: non ne posso già più, voglio tornare a casa, nelle mie babbucce.
poi spunta lei.
è marroncina, le treccine, alta un metro. cammina nel passaggio tra le vetrine di destra e quelle di sinistra. trascina i piedi annoiata, gli occhi gonfi, forse il raffreddore o un principio di congiuntivite. gli stivaletti rosa della barbie sono macchiati in punta di pioggia.
girella da sola passando la mano sui vetri dei negozi, marcandoli di un’impronta di caldo umido.
ogni tanto si ferma, appoggia la fronte al fresco della vetrina e la lecca piano. 
io la osservo e sorrido, lei non mi vede.
si accorge di un babbo natale a grandezza naturale all’ingresso di un negozio. il pupazzo canta e muove le braccia, la mano sinistra fa dei piccoli movimenti in su e in giù, rimanendo sempre all’altezza della vita.
la bambina spalanca gli occhi e indietreggia di un passo.
gli si avvicina poi lentamente, dal fianco sinistro, e gli sorride.
solleva la sua, di mano, e, dopo un attimo di esitazione, la infila dal basso in quella di babbo natale e si fa tenere.
lo guarda luminosa e ha poi questo guizzo di fiducia, di confidenza tra compagni di liceo,
come a dire
“adesso siamo amici, babbo natale, 
adesso lo so che mi vuoi bene”
e gli lascia la mano 
e allarga le braccia, 
fascia l'enorme pancione con le sue cortissime braccia di bambina magra,
ci appoggia la testa sopra e chiude gli occhi
rimane in questa posizione qualche secondo
sorride.

io sto per scattare una foto, poi mi prende il magone, spengo il telefono e mi volto. 
un uomo obeso seduto a un tavolino mi chiede se voglio che mi faccia la caricatura per cinque euro.
penso che le sue caricature siano bruttissime e banali e rispondo di no. poi ripenso alla bambina con le treccine e alla me bambina che leccava i vetri tanti anni fa e a quella cosa di infilare la propria mano in un'altra, più grande, e mi viene un po’ di malinconia.
l’uomo insiste per farmi la caricatura, mi grida qualcosa in olandese, poi mi insulta in inglese, urlando.

scendo con la scala mobile e sono in strada.

giovedì 15 dicembre 2011

di armadilli, iguane, caffè e broccoli.

sabato è venuta a trovarmi dall'italia chiara, la mia amica che accetta sempre qualsiasi invito. mi ha portato in regalo un libro che desideravo tantissimo, “La profezia dell’armadillo”, di Zerocalcare. 
domenica mattina ho cominciato a scrivere un post da pubblicare qui. l'attacco era così:

“ieri, prima di andare al ristorante, ho iniziato a leggere “La profezia dell’armadillo”, il libro di Zerocalcare. pessima mossa: ho trascorso la serata col desiderio pungente di tornare a casa a riprendere la lettura. mentre mangiavo pollo al curry e involtini di riso avvolti in foglie di vite pensavo a quei disegnini buffi e ogni tanto dentro mi si muoveva qualcosa, una risata, che non potevo esplodere.
fatto ritorno all’ovile a tempo record, mi sono impigiamata e ho finito di leggere il librillo verso le due di notte, a letto. in stanza con me c’era chiara, l’amica che mi ha portato dall’italia il fumetto, completo di dedica. ridevo accanto a lei, a scoppi che finivano immancabilmente in rantoli di tosse e temevo di svegliarla. quasi ogni risata a petardo era seguita da un magone, leggero o di piombo, come un piccolo pegno da pagare. magoni di tenerezza, di tristezza profonda o di empatia assoluta. 
ogni risata aveva il gusto del caffè buono, quello forte che ti rimane in bocca a lungo, che continui ad assaporare anche dopo essere uscito dal bar, per strada, quello che ti stampa in faccia un sorriso soddisfatto.”

lunedì 12 dicembre 2011

genti di desiderio #10

quando tu  tornerai
fioriranno i ciliegi dalla mia bocca,
le angurie si spaccheranno a festa
e faranno soli rossi d’acqua
sulla terra rossa, spaccata
dal sole giallo,
quando tu tornerai.
quando tu tornerai, si saranno fatte rana
le mie parole-girino
e canteranno poesie perfette, 
t'insemineranno gli occhi
di caldo di cicale, di pesci volanti
di a-e-i-o-u
e di tutte le consonanti,
quando tu tornerai.

e se non sarai tu,
un altro,
ma se torni tu
lo preferisco.

giovedì 8 dicembre 2011

genti di desiderio #9 (a volte si stancano)

fosse che fosse che fossimo stati
ti avrei regalato parole 
personalizzate
per farci mondi sottomarini e intrastellari
da abitarci leggeri,
con regole che ci pareva a noi, misurate
[tipo, che si sarebbero potuti mangiare i biscotti a letto
-se le briciole non ci avessero infastidito troppo-
oppure no, niente biscotti, 
se le briciole ci prudevano 
insopportabilmente la schiena -
insomma, proprio un’anarchia fatta e finita].

fosse che fosse che fossimo stati
non la continuo neanche 
perché è una poesia di congiuntivi condizionali
quindi di cose immaginarie
perché tu oltre che essere anarchico
sei cretino 
perché uno già alla promessa di mondi
sottomarini e intrastellari di parole
dovrebbe fermarsi 
gettare l’ancora 
le fondamenta
e, minimamente,
erigere un monumento di oro massiccio e avorio
a quella creatura che neanche nei sogni,
adorarla più volte al giorno
concedersi a lei sessualmente senza posa
renderle grazie con cioccolata fondente alle nocciole del piemonte
e, last but not least,
farla ridere da perdere i sensi.

ma tu invece no.

cretino.

domenica 4 dicembre 2011

genti di desiderio #8

la tua assenza apre in me buchi
rotondi, e crepe
sottili
ma profondissime e nere
forni come abissi
stufe a legna da riempire
di cioccolata
e merendine
noccioline
patatine
i fonzies
la nutella
i mars
le fette al latte
che non bastano mai
a farti riemergere
solo servono
a esplodermi
la pancia
nel bagno da sola.

sabato 3 dicembre 2011

genti di desiderio #7

se tu avvicini ancora il tuo ginocchio al mio
- un poco, ma poco -
e io avvicino ancora il mio ginocchio al tuo
- un poco, ma poco -
le nostre ginocchia possono
sfiorarsi.
poi, noi, possiamo entrambi
fare finta
che non è successo niente
e continuare a mangiare
le tagliatelle col salmì di cinghiale
o la pizza, con le mani,
e col sorriso storto
per questo niente che non è mai successo.

ma tu lo sai dov'è l'australia? il making of della copertina

thunalab illustra sul suo blog come ha creato la copertina al mio racconto.
trovate tutto cliccando qui.

venerdì 2 dicembre 2011

scaricavavatelo! su rieduchescional ciannel!

sono orgogliosa di annunciarvi che il mio racconto "ma tu lo sai dov'è l'australia?" è da oggi scaricabile gratuitamente dalla libreria virtuale dello Starbooks Coffee.
vi chiederete perché scaricarlo se lo avete già letto sul mio blog e vorrei potervi rispondere "perché vi ho apportato alcune sostanziali modifiche" ma in realtà sono così piccole che so già che nessuno se ne accorgerà.
il motivo vero per cui vi consiglio di scaricarlo è che potrete ammirarlo completo delle bellissime copertine di thunalab e flaviano  che lo fanno sembrare quasi un libro vero (il "quasi" è dovuto a difetto del dentro, mica del fuori, sia chiaro).
tutte le cover che hanno partecipato al "grande concorso senza premi" sono state pubblicate sulla pagina facebook del sito dello Starbooks Coffee, qui.

ringrazio ancora una volta Giulia e Carlotta per avermi offerto questa possibilità e tutti quelli che hanno voluto giocare con me per trovare un'immagine a questa storia: un grazie di pancia, sincero.

ma ora, le cose teNniche:
facendo click qui, trovate il racconto dell'australia, mentre facendolo qui, trovate la settima puntata di "hanno ucciso barbapapà" o "io per me vorrei essere una rana" sul sito di barabba (alla fine trovate anche i link alle precedenti, nel caso ve le foste perse).

che dire? son contenta, molto, e non vedo l'ora di leggere i commenti dei nuovi lettori :)

giovedì 1 dicembre 2011

genti di desiderio #6

ti ho cercato a lungo
perché avevo una storia a raccontarti,
per farti addormentare.
ho camminato mille giorni 
fino alla fine del mondo
dove la nebbia diventa di latte
e ti nasconde le dita dei piedi.
la fine del mondo non è
come io me l’aspettavo,
non c’erano i cavalieri dell’apocalisse
o le colonne d’ercole, alla fine del mondo:
c’era solo un muro di iris che diventavano uccelli
e due alberi, gemelli, che si tenevan compagnia.
alla fine del mondo
non c’eri neanche tu
e allora sono tornata indietro
e la storia mia l’ho poi buttata ai cani
che m'abbaiavan le caviglie, assonnati.


(questa cosa qui sopra è nata da un disegno di Daniela Tieni).


mercoledì 30 novembre 2011

genti di desiderio #5

e fu così che cominciò a riempirsi
le calze di canarini e le tasche
di cince azzurrate; cocorite nella borsa
e merli dal becco mandarino
nei risvolti dei calzoni.

diceva:
“così sento meno la mancanza
con tutti questi colori
e queste ali addosso.
non mi manca niente, così”.

lunedì 28 novembre 2011

genti di desiderio #4

ho insegnato ai miei pesci a parlare
per venire da te in volo
e dirti ti amo.
è giunta l’ora, infine,
della mia dichiarazione aeromarina.

ad un tratto però ti vedo
- nella mia testa, ti vedo-
serrar la mascella
e inghiottir fiele
per il parquet sgocciolato,
macchiato
dai miei pesci all’ingresso
che ti dicono t’amo.

e allora mi dico "fa niente"
mi dico
che forse prima
è meglio se gli insegno a pulire
- col panno antistatico, la cera-
e a richiuder la porta,
senza fare rumore,
adagio.

poi, solo poi,
te li mando.

con calma.

sabato 26 novembre 2011

genti di desiderio #3

tu mi consigli di scrivergli se non riesco
a parlargli di me faccia a faccia.
ma ti assicuro, gli ho scritto,
infinitamente gli ho scritto
tutto lo scrivibile gli ho scritto
in email appassionate
che ancora oggi gli mando:
nell’oggetto il mio nome
- per amor di chiarezza -
a seguire metri di profondità di bianco,
come reti a strascico,
pagine e pagine di bianco incandescente
che mi si incendiano le gote dall'imbarazzo, alla fine.
lui ogni volta risponde
“devi avere un problema al computer,
controlla,
le tue email mi arrivano sempre vuote”.
ma santiddio e la madonna giunta
ma come si fa a non capire, dico io
tutto quel bianco, dico,
tutto quel bianco che esplode?
io sono lì
nuda
ma lui non lo vede
lui non mi vede
eppure, più nuda di così,
più nuda di così ci si ammala
più nuda di così, come si fa?
più nuda di così non si può.

domani gli mando un’altra email
d’un bianco di oca che acceca
non metto neanche l’oggetto
un bianco senza neanche 
un puntolino di ombra.

chissà se mi vede, domani.

genti di desiderio #2

il nonno mi chiama “fioralba”, mamma,
il nonno mi scambia per la sorella di nonna.
“fioralba, siedi qui, fioralba.
ricordi quel gennaio, quando
andammo giù al campone
vestiti di stracci a raccoglier narcisi?
e quando ballammo vicini
alla festa del santo giovanni,
lo ricordi, fioralba? io non l’ho scordato,
non l’ho dimenticato, il tuo profumo di salvia
e panini di latte, il tuo sguardo la notte dei fuochi
che bruciano il monte.”

così dice il nonno e intanto
m’accarezza i ginocchi e sospira
come se l’aria fosse finita,
esaurita
dai polmoni di ziuccia fioralba,
polmoni sotto la terra tre metri.

mamma, il nonno
mi sa che ha sposato
l’Arceri sbagliata.

genti di desiderio #1

la tua schiena dormiva sul letto degli ospiti
- una fisarmonica aperta, timida.
io ne contavo le vertebre sotto il cotone della maglietta,
e le coste, appena accennate.
pensavo: “adesso ti accarezzo, fisarmonica”,
“adesso pure voi, capelli”.
e poi invece no,
poi, che assurdità vado fantasticando,
che assurdità agrodolce, fantasticare
di accarezzare la tua schiena di ospite,
timida.

domenica 20 novembre 2011

annuntio vobis gaudium magnum...

...habemus copertinam!
è arrivato il momento tanto atteso: la proclamazione del vincitore del grande concorso senza premi!
piccola premessa: il numero di lavori pervenuti non è esagerato (otto), ma come già scritto in un precedente post, è stato commovente vedere che alcune persone abbiano deciso di investire il loro tempo partecipando con entusiasmo a un'iniziativa che non prevedeva nessun compenso.
ieri sera riguardavo le immagini e mi sono trovata in difficoltà. ero molto indecisa tra due, che per la scelta del soggetto si assomigliano molto ma che appaiono completamente diverse nel tipo di tecnica utilizzata.
alla fine ho deciso di non scegliere. nel senso che ho deciso di dare a "ma tu lo sai dov'è l'australia?" due copertine: una su cui si cliccherà per scaricare gratuitamente il racconto e un'altra che, una volta aperto il file, accompagnerà nella lettura.

ma io lo so che state fremendo e che avete già scrollato in giù per vedere i nomi dei vincitori!

quindi, ladies and gentlemen...

sabato 19 novembre 2011

houston, abbiamo un problema. e due avvisi.

il problema è che mi sono bloccata di nuovo, che ho mandato a ramengo la disciplina, che mi devo incatenare gobba davanti al computer e scrivere tutti i santi giorni, anche se mi vengono delle schifezze. 
m'è venuta l'ansia di dover tirar fuori delle "belle storie", ma a me viene una storia bella su cinquanta -se sono fortunata- quindi posso solo rimettermi a "produrre" e sperare che a un certo punto qualcosa di decente venga fuori. 
questo spazio è nato come una palestra, eppure provo di nuovo vergogna ad espormi. è un meccanismo marcio, perché se mi vergogno non scrivo e se non scrivo non miglioro.
quindi ho deciso che devo riprendere a lavorare di ruspa e lo farò taggando i pezzi nuovi con "cose di schifìo" almeno non mi si potrà dire niente.

gli avvisi invece sono due. 
il primo riguarda "Hanno ucciso Barbapapà": ormai avete capito che Barabba lo pubblica a puntate il giovedì, quindi  -se vi interessa- segnatevelo, ché io mi sento un po' ridicola a ricordarlo ogni settimana, soprattutto perché mancano ancora molte puntate alla fine del racconto. 

il secondo avviso invece è per segnalare che oggi è l'ultimo giorno utile per inviare le cover al grande concorso senza premi: domani comunicherò il nome del vincitore, poi invierò tutto alle donzelle dello Starbooks Coffee che a breve pubblicheranno nella loro libreria l'ebook col racconto "ma tu lo sai dov'è l'australia?".
ad ora, mi sono arrivati otto progetti di copertina e diverse proposte senza immagini. è stato emozionante vedere come tanti abbiano trovato l'idea stimolante e come in molti abbiano deciso di dedicarvicisi, così, gratuitamente, per puro divertimento, per il piacere semplice di giocare. ogni email che ho ricevuto è stata una specie di regalo di non-compleanno e non smetterò mai di ringraziare tutti quelli che hanno contribuito col loro lavoro.
con le cover che non diventeranno "copertine ufficiali" mi piacerebbe -previa autorizzazione degli autori-realizzare una miniraccolta visibile a tutti: devo solo capire come fare, ma ci riuscirò, sono ottimista :)

giovedì 17 novembre 2011

giovedì barbapapà, rane e ravioli. troppissimi.

oggi è uscita su barabba la quinta parte di Hanno ucciso Barbapapà; la prossima, giovedì 24.

poi, appena ho tempo, se riesco, provo a mettere un bel pulsantino a lato per raccoglierle tutte, 'ste puntate. ma stasera, dopo undici ore a far ravioli e tagliatelle, anche no.

mercoledì 9 novembre 2011

i punti delli situazioni


inaspettatamente, mi sono arrivate alcune copertine per il racconto che verrà esposto nella libreria dello Starbooks Coffee. dico “inaspettatamente” perché quando mi sono inventata la cosa del concorso non immaginavo che qualcuno ci si sarebbe davvero dedicato. ci speravo come quando da piccolo proponi a tutti i tuoi amici di fare un gioco, uno qualsiasi, ma dentro di te sai già che verrai snobbato alla grande. invece le cose sono andate diversamente.
per il momento mi sono arrivate quattro copertine e diverse idee senza immagini da parte di persone che non sanno disegnare. sulle copertine non mi pronuncio perché il concorso non si è ancora concluso, però posso dire che aprire gli allegati email è stato emozionante come scartare pacchetti natalizi anticipatamente.
le idee invece le riporto qui col copia-incolla, ché magari qualcuno ha voglia di metterle in immagini.

giovedì 3 novembre 2011

thursday I don't care about you...

... ma ci sono le rane e pure barbapapà, quindi: apposto state.

(clicca qui per leggere la terza parte del racconto e feedbeccami subito o svuoterò la dispensa in preda a un attacco di fame nervosa e tu dovrai sentirti responsabile).

mercoledì 2 novembre 2011

c'è grossa crisi: grande concorso senza premi

lo starbooks coffee è un bar virtuale con una libreria virtuale: tu ci vai, fai due chiacchiere con la barista, le racconti dell’ultimo libro che hai letto, di quel romanzo che hai iniziato a scrivere e che ti è sfuggito di mano già alla terza pagina, di quell’editore che ti ha chiesto di pagare per pubblicare la tua raccolta di poesie o qualsiasi altra cosa riguardante lo scrivere ti venga in mente.
allo starbooks un po’ ti sfoghi e un po’ condividi i tuoi pensieri mentre lei, la barista, ti ascolta e ti prepara il cappuccino con il cuore di cacao sopra o il caffè corretto, a seconda dell’umore (tuo, ma anche suo).

venerdì 28 ottobre 2011

giovedì gnocchi (e basta)


sì, lo so, vi avevo detto “giovedì gnocchi, rane e barbapapà” invece ieri solo gnocchi (e magari per alcuni manco quelli).

la seconda parte del racconto non è stata pubblicata sul blog di barabba perché questa settimana c’è stata un’occupazione e poi c’è la crisi e io ero rimasta senza benzina… avevo una gomma a terrra… è crollata la casa… c’è stato un terremoto… le cavallette!!! non è stata colpa mia, lo giuro su dio!

quello che è successo in verità vera ve lo spiega qui il rappresentante degli studenti.

noi, ci si vede domani.
se volete portare qualcos’altro al posto degli gnocchi, io son contenta.

sabato 22 ottobre 2011

giovedì gnocchi, rane e barbapapà


giovedì, gnocchi.
e dall'altro ieri, per qualche settimana, pure un pezzetto di un mio racconto lungo sul blog di Barabba.
il racconto si intitola “Hanno ucciso barbapapà” o “Io per me vorrei essere una rana” (se clicchi sopra il titolo arrivi alla pagina dove puoi leggerlo) e diventerà un ebook gratuito della collana Barabba Elettrolibri.
ne avevo già parlato qui, perciò non sto a ripetermi sui limiti che ci vedo oggi, a distanza di tempo.
che poi ‘sta storia di fare la premessa in cui dico che il racconto è vecchio e che ora scrivo diversamente è un po’ un modo per pararmi il culo, dato che io, in quel blog, quello di Barabba intendo, in mezzo a tutta quella gente che sa scrivere, continuo a pensare di esserci capitata un po’ per sbaglio.
ma comunque.

domenica 9 ottobre 2011

roby in nazionale

l’eleonora cafiero è una femmina della quarta D che si fa chiamare roby, come roberto baggio, che è il suo calciatore preferito.
l’eleonora ha le braccia muscolose come le sue gambe che fanno calcio, va a fare la spesa da sola, stira i vestiti di tutta la famiglia, lava i piatti e i pavimenti e ogni tanto cucina.
sua mamma si chiama rita, è minuta e quando ti guarda tiene sempre il mento sollevato, ti guarda col mento, sembra, e pure con un po’ di disprezzo, anche se ti sei comportato bene tutto il pomeriggio.
la signora rita non esce mai, tranne alle dieci della domenica per andare alla messa e il mercoledì alle otto per andare al mercato.
la signora rita dice sempre che l’eleonora è nata per sbaglio, che dopo la jessica si volevano fermare, ma poi è venuta l’eleonora e allora cosa vuoi farci.

domenica 18 settembre 2011

la domenica dei comunisti

la domenica noi non andavamo alla messa, ché eravamo comunisti, noi.
mia madre stava a casa a rassettare e mio padre portava a spasso me e mio fratello: eravamo comunisti, non femministi, noi.

io, curiosa:
- dove andiamo oggi?
mio padre, sorridendo:
- oggi vi porto a vedere i ricchi che mangiano la brioche.
io, confusa:
- ma noi non la mangiamo la brioche? 
lui, compiaciuto:
- noi non siamo ricchi.
io me ne rimanevo zitta, perplessa.
poi lui con gi occhi furbi aggiungeva:
- ma se fai la brava ti porto a vedere quelli che mangiano la brioche alla crema, non quella liscia. solo se fai la brava però.
e rideva.

quando ripenso a questo scherzo ancora sorrido.
eravamo dei comunisti burloni, noi.

venerdì 16 settembre 2011

smoke on the water

vi ricordate che un po’ di tempo fa vi ho raccontato di quella ragazza-sergente che mi ha invitato a partecipare a un concorso con un racconto a quattro mani?
ecco, siamo arrivate quarte.
su quanti? dice.
indovina.
trentamila?
no, beh, meno! 
tremila?
ma no, era una cosa piiiiiccola…
trecento?
sì, spartani. no, siamo arrivate quarte su diciassette. ecco, l’ho detto.
dice
diciassette fa neanche una classe elementare. 
però diciassette per due fa trentaquattro, mica pigne.
eh beh, vero.
son soddisfazioni.
come no!



venerdì 19 agosto 2011

per sempre finché dura

- tu non hai capito niente. tu devi fare come ho fatto io.
- e come hai fatto?
- gli ho chiesto quanto avrebbe voluto farla durare.
- che cosa?
- la nostra storia.
- e lui che ha detto?
- ha detto “per sempre”.
- eccerto.
- ma siccome “per sempre” è uguale a “finché dura” gli ho chiesto di essere più preciso.
- e quindi?
- quindi ha detto che "per sempre" era ancora due, tre mesi. quattro, se contavamo le feste.
- beh, onesto.
- assolutamente.
- e allora?
- allora passata l’epifania l’ho fatto a pezzi.
- come, a pezzi?
- l’ho fatto a pezzi e monoporzioni. poi l’ho messo sottovuoto. e congelato.
- …
- siamo a ferragosto e ho ancora il freezer pieno d’Amore per almeno un annetto: con una porzione piccola vado avanti anche due giorni.
- hai capito…!
- eh, cara mia, a saperlo per tempo, che certi amori han da finire, uno si organizza, da non rimaner sprovvisto.
- eh già.
- eh già.

mercoledì 10 agosto 2011

non basta

non basta
in un frullare di ciglia scambiarsi
i mondi sommersi
-i capodogli e le tane dei castori,
i pesci piccoli e le rane nello stagno-.
non basta mischiarsi le visioni,
i baci nei respiri, la saliva
e il seme con le uova.
non basta tutto questo a dire
ti ho riconosciuto
non basta per dire
amore mio da sempre
mio ritrovato amore.

martedì 9 agosto 2011

di luce lucia (seconda parte)

sono le otto e ventidue, fuori dal bar c’è afa e sole e asfalto che squaglia.
c’è giovanni con l’odore di axe mischiato a quello di sacher e di sudore adolescenziale.
ma soprattutto fuori c’è la moto di barletta.
se fuori c’è la moto di barletta significa che dentro c’è barletta e questo è un problema.
barletta non assomiglia a al pacino, barletta è al pacino. barletta è così figo che non deve chiedere a nessuno di fargli un pompino, barletta i pompini se li fa direttamente da solo e quando non se li fa è per non darsi la soddisfazione: così, a sfregio.

giovedì 4 agosto 2011

di luce lucia

sì, lucia, sì.
dai lucia, dai, dai, dai.
lucia che fa una O piccola e allungata con la bocca e gli prende la lingua tra le labbra, i seni morbidi di lucia – due marshmellow- che sgusciano fuori dalla canottiera -dio sì, sì, dai- la farfalla azzurra del perizoma in cima al culo a panettone mignon di lucia –dio così, così- il culo di lucia sollevato davanti a lui come un regalo appena scartato, come una festa –più piano, più piano- il culo di lucia abbronzato senza costume -più piano, più piano, cristo!- la bocca di lucia aperta poco, gli occhi di lucia che lo guardano all’insù, inginocchiati in basso –dai dai dai!- i capelli di lucia…
“gioooooovaaaaannni! è tarti, muoviti! la madonna ti vede e s’addolora a sapere quello che fai sotto i lenzuola! esciti!”

martedì 2 agosto 2011

la pace tra i popoli

stanotte ho fatto un sogno, anzi, ne ho fatti tanti, mi sono venuti in mente pian piano durante il giorno.
in uno ritrovavo una cosa che sto cercando da una settimana, ero così contenta che non smettevo di baciarla. stranamente, quando mi sono accorta che non era vero niente sono rimasta contenta lo stesso, anche se meno.
poi ho fatto un altro sogno, ho sognato la tetta perfetta.
vedevo questa tetta illuminata dal sole e avevo la percezione distinta di essere di fronte all’idea platonica di Tetta.
questo Universale di tetta avrebbe messo d’accordo tutti: amanti della tetta piccola, di quella rotonda, a coppa di champagne, all’insù, a pera, a goccia, a bocciolo, da farne un boccone in un bacio minuscolo.
era un sogno di Pace, uno di quelli che ti svegli e pensi che fai dei sogni importanti, da complimentarti con te stessa e dirti brava, che filosofeggi almeno nel sonno, brava.

domenica 31 luglio 2011

cose di nessun interesse (se non per me)

gigi –il mio coinquilino- è in camera sua a guardare uno speciale su amy winehouse. chiedo asilo per vederlo anche io dato che non ho la tv e m’appallottolo sul suo letto, ottenendo pure un cuscino in prestito.
sentiamo un paio di canzoni ma poi cambiamo canale dato che sul cinque c'è E.T. che è già ricoverato e meno male che non l’ho visto quando era nel torrente tutto rugoso secco e grigio perché lì piango sempre (piango anche dopo, ma in quella scena piango proprio da strozzo in gola).
E.T. e il suo amico elliott stanno su due lettini vicini tutti pieni di fili e di tubi e elliott prega l’extraterrestre di non lasciarlo, ma si vede che E.T. sta malissimo e infatti poi muore.
elliott allora si strappa tutti gli elettrodi e grida disperato e a quel punto a me viene, puntuale, il magone, come quando ero piccola. quella per me è la rappresentazione dell’andarsene dell’Altro senza possibilità di replica, è l’andarsene senza salutarsi: non la reggevo allora quella scena e non la reggo oggi, trent’anni dopo.

mercoledì 27 luglio 2011

genti che si vedono #2: ricami

ero su quel tram di istanbul, quello che taglia a meta la città, quello che passa davanti a sultanahmet e a santa sofia e ai venditori di pannocchie. stavo su quel tram tanto moderno e ariacondizionato che ogni volta che ci salivo mi sembrava di essere ad amsterdam, ma su un talgo, uno di quei treni spagnoli così refrigerati che i turisti ci viaggiano con l’imodium stretto tra le dita. ero su questo tram e andavo verso la città vecchia dal ponte di galata, quel ponte coi pescatori appiccicati, col mercato della griffe tarocca nel sottopassaggio e i grigliatori di pesce sulla riva.

mercoledì 20 luglio 2011

falsi miti sulle api nella città di genova

ci sono dolori che rimangono senza voce, scoppi in petto soffocati, morti gridate in bocche tappate.
la parola non avanza, non si fa, non si offre precisa per raccontare quella cosa lì, quella cosa che non vuole dirsi.
genova per me è uno di quei dolori.
io genova non la so raccontare.
sono dieci anni che ci provo, dieci anni che ogni volta ci rinuncio.
io le parole per raccontare genova non le ho ancora trovate, ma mi ci provo sempre, di continuo, nella speranza di fare un esorcismo potentissimo e liberatorio.

martedì 19 luglio 2011

genti che si vedono #1: pesci fuor d'acqua

sono gemelle, arrivano sempre insieme e discutono zitte sulla porta. non proprio zitte zitte: una discute zitta, l’altra fa grugniti di gola come sotto un cuscino. muove le dita veloce, quella che grugna, fa segno due, fa segno pallina, cucchiaio, bicchiere, mangiare. la zitta scuote i capelli di miele, fa segno di no. fa segno palline, tira in fuori la lingua, leccare. il cono, vuole il cono.

domenica 17 luglio 2011

in versi inversi: mancamenti

I.
gli occhi sul comodino parcheggiati
trentadue ore su ventiquattro
divelti
sempre aperti
nelle notti come i giorni
tutte uguali tutti uguali
i giorni come le notti
tutti con lo stesso frigo vuoto.
è tutto un vuoto
sono giorni pieni di vuoto
sono giorni esplosi di vuoto.

sabato 16 luglio 2011

aspettano e stanno

sono giorni che mi dico che prima o poi se ne andrà, ma no, non si muove.
mi sta di fronte la mattina appena sveglia, mentre faccio colazione, me la trovo alle spalle mentre mi lavo i denti, mi segue al lavoro e sulla strada di casa.
è una donna magra coi capelli lunghi e scuri.
sta curva, gli occhi a fissarsi le unghie dei piedi.
indossa solo una camicia da notte.
ogni tanto si strappa le pelli smangiate delle dita.
è come un fantasma che aspetta, ma non è un fantasma e non so che cosa aspetti.
io la guardo e non dico niente.
lei non mi guarda, solo resta.

io non so cosa posso fare per lei o forse sì, lo so, ma non lo voglio fare.

ho la testa piena di gente che spinge per farsi raccontare.
a volte è bello, a volte no.

mercoledì 13 luglio 2011

il sergente vaporella e i racconti a quattro mani

qualche giorno fa ricevo un messaggio su facebook da una certa giulia meli.
io guardo la foto e penso: “ignota”.
accetto raramente amicizie da gente che non conosco, per un semplice motivo: sono vagamente paranoica e l’idea che sconosciuti guardino le mie foto o leggano certi miei pensieri mi imbarazza e mi mette a disagio.
siccome ho la memoria di una gallina lobotomizzata, domando sempre a chi mi contatta se ci conosciamo. appurato che non ci conosciamo direttamente ma che si tratta –normalmente- di un lettore di uno dei mie blog, spiego non accetto richieste di amicizia da chi non conosco, salvo rari casi in cui ci si scrive prima per un po’ e si ha così la possibilità di “conoscersi” un minimo entrambi. tutti capiscono.
ma questa giulia il tempo ti intavolare tutta ‘sta tarantella non me lo dà.

sabato 9 luglio 2011

ma tu lo sai dov'è l'australia?


a mia nonna Adriana, che vorrebbe andarci,
e a Monica, che ci andrà.




- ma tu lo sai dov’è, l’australia?
- sì che lo so. no, non è vero: non lo so.
- lo sai che non è l’austria, che è un altro paese?
- sì, eh! sono mica scema!
- mh. lo sai che è dall’altra parte del mondo, sì?
- ahhh! no, non dirmelo, non dirmelo! lo so che è lontana fés, lontana tanto, ma non lo voglio sapere quanto!
- però ci vai. a vivere.
- sì.
- mh.

*

mercoledì 6 luglio 2011

schegge di novità

tempo fa, attraverso la lettura di qualche blog o tumblr, scopro l’esistenza di uno spazio virtuale che mi piace tanto assai: barabba.
su questo blog fanno un sacco di cose interessanti e divertenti, tipo scegliere un tema e chiedere ai lettori di scriverci su dei racconti, che poi loro li pubblicano e, se ci hanno voglia, a volte ci fanno pure delle raccolte che diventano degli ebook o dei libri proprio di carta vera. la raccolta più fica, secondo me, è  “schegge di liberazione” e ha per tema la Resistenza.

giovedì 30 giugno 2011

neanche se

-    tu non ce l’hai il coraggio di farti leccare nelle mutande dall’adelina!
-    non è che non ho il coraggio…
-    sì, non hai il coraggio! prova, dai: fa il solletico!
-    no, non mi piace…
la ramona si fa leccare e ride. quando ride butta la testa all’indietro e tutti i boccoli le piovono sulle spalle come una tenda morbida. la ramona ha i capelli rossi che sembrano velluto e le lentiggini dappertutto, anche sulla lingua.
io e la ramona giochiamo sempre a marito e moglie e ogni volta che la sposo le regalo un mazzo di papaveri rossi come i suoi capelli e le faccio una collana di margherite.
a me piace la ramona, ma io non piaccio alla ramona, lo so, però lei è gentile e si fa sposare lo stesso da me.
-    cosa mi dai se mi faccio leccare dalla adelina?
-    cosa vuoi?
-    voglio un bacio.
-    dove?
-    qui, sulla bocca. no, anzi: nell’angolino.
-    sì, sì, te lo do. tanto non ci hai il coraggio.

sabato 25 giugno 2011

in strada (terza parte)

ho contato duecentosette formiche e la serena è ancora su.
claudio è andato a prendersi un mottarello e la dani è dovuta salire a studiare che domani ha l’interrogazione.
io vado in bagno perché ormai mi sono proprio fatta un po’ troppa pipì nelle mutande e ho bagnato lo scalino.
entro in casa e per un attimo non vedo niente e tutto mi sembra nero e ghiacciato coi pallini. ho un brivido dalla testa al sedere e mi scappa tutta la pipì lungo una gamba. corro in bagno, gocciolo nel corridoio e mi arriva un coppino prima di arrivare al water.
te se miga buna de farla int al bagn cuma i cristian, la pissa?

venerdì 24 giugno 2011

in strada (seconda parte)

la serena ha le chiavi di casa anche se è piccola e deve stare attenta a non perderle, ha un cane con le crisi epilettiche che piscia anche in casa e un fratello piccolo e sporco che si chiama cristian. cristian gioca a pallone in strada coi ragazzi grandi, è magro come sua sorella ma, a differenza di sua sorella, non passa tra le sbarre del cancello dei box perché ha la testa troppo grossa e rotonda come quella di charly brown.
a volte la serena si affaccia alla finestra del soggiorno e butta dei biglietti in cortile con scritto che parte col circo togni e che non torna più o che vuole morire, mondo crudele. mondo crudele, dice. è bello mondo crudele da dire.

giovedì 23 giugno 2011

in strada (prima parte)

la serena ha il muso da scimmia, i denti tutti marci e gli occhi azzurri come quelli del gatto di sua nonna.
è magrissima che sembra un ragno, solo lei può passare attraverso le sbarre del cancello dei box, perciò è sempre lei che va a prendere la palla quando finisce di là perché nessuno ha la chiave dei box visto che nessuno ha la macchina.
ogni volta che passa attraverso le sbarre io ho paura che le rimanga incastrata la testa e lei fa sempre un po’ finta di rimanere bloccata ma poi invece ce la fa sempre a liberarsi.
se rimane incastrata bisogna chiamare il fabbro, ma mia nonna che fa la portinaia dice che se la serena rimane incastrata le taglia lei la testa per farla passare, che il fabbro non lo paga, che gliel’ha detto mille volte alla serena di non fare quel gioco.

giovedì 16 giugno 2011

tag teatro

se l'aifon fosse un filo più comodo vi racconterei un mucchio di cose e invece ciccia: dovete aspettare che io torni in terra d'holandia.
per intanto vi dico che quelle cose di fricciori come di innamoramento, quelle cose tipo un mio racconto a teatro hanno preso una piega sempre più seria.
insomma, si comincia a lavorarci.

e basta, mo' vi lascio con la curiosità, che così poi ho anche più gusto a raccontarvi.

perverSaRamandra :D

domenica 12 giugno 2011

tanti auguri a me (con effetto retroattivo)

sono a milano, sono tornata per votare. questa volta non mi sono portata il mio fedele e anziano Mac, contavo di usare il pc di mia madre. ho sbagliato, avrei dovuto saperlo dall'inizio. word le si impalla ogni quattro vocali, impossibile lavorarci.
posso scrivere solo dall'iCoso che è notoriamente dislessico e tutto ciò mi snerva. moltissimo.

e comunque volevo solo dire che l'8 di giugno la saRamandra ha compiuto un anno.
mi ricordo esattamente la sera in cui ho deciso che avrei creato questo spazio.
io a distanza di un anno sono diventata un'altra. vado abbastanza fiera di me, nel complesso.
anche la saRamandra è cambiata nel tempo.
la vostra presenza mi è stata vitale, mi avete manifestato la vostra vicinanza in modi spesso toccanti. leggere i vostri commenti mi emoziona sempre, i vostri feedback mi hanno dato maggior sicurezza e mi hanno spinto a perseverare nell'esercizio della scrittura.
se oggi provo a organizzare la mia vita in modo che lo scrivere occupi un posto centrale all'interno del mio quotidiano, se mi permetto un po' di più di credere alle mie Parole è anche merito vostro, del vostro esserci, del vostro farvi orecchio e occhio del mio raccontare.

quindi tanti, tanti auguri a me e un grazie, puro, a tutti voi.

sara

vi lascio con un'immagine, una foto che ho trovato oggi a casa di mia nonna, quella delle storie. vi sono ritratti i due più potenti narratori della mia famiglia: la mia nonna lina e suo nonno, il papà vecchio. il papà vecchio sta su un gradino, perchè era bassetto e non era cosa, farsi vedere più piccolo della nipote.

(come non detto: non me la carica. diomadonna. amen).

sabato 28 maggio 2011

forse ci sono delle news

non sono scomparsa in questo periodo e non ho perso interesse ne lasaRamandra.
solo, la testa corre, ha ripreso a girare ai duemila all’ora e non le sto dietro.
quando capita è faticoso, perché non riesco a imbrigliare i pensieri, ma è anche un bene, di solito, perché sono i momenti più creativi, in cui mi vengono mille idee.
spesso sono purtroppo idee poco realistiche poiché in quei periodi mi sento piena di un’energia che presto mi abbandona, ma vabbè, si tratta solo di imparare a capire che cosa è realizzabile e cosa no:  conto di riuscire a farlo prima di quella crociera sulla luna che ho progettato per il mio quarantesimo compleanno.
questo mio altalenare continuo è il motivo per cui di solito evito di parlare troppo presto, prima di essere certa di quel che sarà: per timore di tirarmi la sfortuna addosso, per pudore di raccontare cose che ancora non sono, per non disattendere le aspettative mie e altrui.
nell’incerto c’è però tutta una spuma di eccitazione, ci sono i brividi dentro, le farfalle nella pancia tanto simili a quelle dell’innamoramento.
e quel friccicore è bello, è così vivo.
e allora perché non dirle, le cose insicure? è solo il loro esito ad essere dubbio, il loro presente è pur sempre reale, fatto di persone reali che fanno rete intorno.
persone che non legano, ma che tengono.
che fanno il nido e vegliano su uova piccole.
che hanno occhi ragazzini profondi, uguali e diversi dai miei.
persone pure.
le idee si intrecciano, si annodano, si infilano negli spazi vuoti del pensiero e infine germogliano.

quindi ora piano piano vi dico
che sto covando
insieme a un’amica uccella custode di parole
delle storie di buio, delle magie
che avranno anche dei Disegni di buio.

e da un’altra parte
lontana e vicina
a casa-milano-e-dintorni
si sta pensando di mettere in scena un mio racconto lungo:
“hanno ucciso barbapapà”, si chiama.

le mie parole a teatro
le mie parole coi disegni.

forse.

è tutto un forse: i disegni, il teatro, le storie che chissà se riesco a vederle tutte nella testa e a scriverle comprensibili.
forse però ce la faccio.
forse.
voi però non andate via, vero?

venerdì 20 maggio 2011

saspensss

a casa mia non ci si vuole mai fare preoccupare, allora se ti spacchi una gamba non telefoni subito a casa per avvertire, no, aspetti almeno di essere uscito dal pronto soccorso.
una volta uscito aspetti ancora un po’, che pensi che se mamma ti vede col gesso, le viene un infarto.
poi pensi al giro di chiamate che di norma parte subito dopo la comunicazione della notizia e a tutte le spiegazioni che dovrai dare al parentado (come hai fatto, ma quando, ma non dovevi essere al lavoro a quell’ora, no, nonna, mi hanno cambiato i turni) e aspetti. qualche giorno.
uno di quei giorni però succede che mamma ti viene a trovare a casa a sorpresa e tu l’accogli con le stampelle e a quel punto lei si incazza e quando mamma si incazza (succede una volta ogni dieci anni, un po’ meno se ti viene un brufolo e non metti i manifesti) diventa peggio dell’idra di lerna.
mia mamma si incazza se non le dici le cose, però poi lei è quella peggio di tutti noi: lei non ti dice niente, mai.

ieri notte mia mamma mi scrive una e-mail in cui mi chiede come sto e mi racconta che ha visto un libro per bambini che le ha ricordato il mio libro preferito di quando ero piccola, il bruco raimondo, e allora mi ha pensato. mi ha detto che era dispiaciuta di aver dato a mia cugina tantissimi anni fa quel libro visto che poi lei me lo aveva fatto a pezzi e allora si è informata e il bruco raimondo è del settantasei, magari da qualche parte lo si trova ancora, se lo trovo te lo compro.
va bene, mamma. anche se di anni adesso ne ho trentatrè, va bene. so cosa sono i sensi di colpa, sono la regina dei sensi di colpa: vai e cerca il bruco raimondo, se ti fa stare meglio, penso.
epperò invece poi le chiedo semplicemente il perché di tutte queste ansie e malinconie e lei stamattina mi risponde, ma no, niente, cose così…e poi sai, oggi non sarà una giornata tanto leggera, oggi ci dicono se licenziano o mettono in cassa integrazione.
oggicidiconoselicenzianoomettonoincassaintegrazione.
così me lo scrive, liscia.
chissà da quanto lo sapeva, che oggi non sarebbe stata una giornata tanto leggera, però non mi ha detto niente, per non farmi preoccupare.
alle dieci le mando un sms: hai saputo qualcosa?
risposta: ancora nulla.
gli piace, a quelli della ditta di mia madre, creare la suspance.
mica che hanno detto: alle undici vi diremo chi da domani è senza lavoro. o alle dodici o all'una o alle quattro. no: gli hanno detto semplicemente “domani”, che uno così fa tempo a morire migliaia di volte.

io lo so come ha fatto oggi mia madre, che lei è la regina dell’Ansie Molteplici e Riunite. 
mia mamma stanotte non ha dormito, per questo mi ha scritto tardissimo, poi stamattina si è fatta la doccia, ha bevuto il caffè e ha cercato di nasconodere le occhiaie con un po’ più di fondotinta. non ha fatto in tempo a comprare la repubblica da maxia, ma maxia gleila terrà per la sera, per quando torna. poi è andata a prendere la macchina e le tremavano le mani e uscendo dal parcheggio le hanno suonato e lei si sarà spaventata che mia mamma si spaventa per tutti i rumori, poi con lo sguardo di animale selvatico è andata al lavoro, come tutti i giorni, ma più agitata e selvatica degli altri giorni.
ha iniziato ad aspettare e ha continuato a farlo per ore.
gli piace, a quelli della ditta di mia madre, creare la suspace.
mesi fa, avevano minacciato i licenziamenti a muzzo e tutti hanno gridato: ohhhh! nooo!
e allora, ta-dan! facciamo il patto di solidarietà: rimaniamo tutti, anche chi non fa un cazzo e lo stipendio lo sbafa da mò e andava licenziato il secolo scorso, rimaniamo tutti, lavoriamo meno ma tutti.
a ‘sto giro, che è primavera, i capoccia hanno pensato di fare un send-away anziché un give away: licenziamenti o cassaintegrazione.
licenziamenti o cassaintegrazione?
non è dato di sapere, che la suspance, l’abbiamo detto, a loro ci piace.

nel frattempo la gente mormora. mandano via lui, lei no di sicuro, lei per forza, lui tanto ci ha la moglie architetto che fa un sacco di soldi e chissenefrega se rimane a casa.
nel frattempo si mangiano le unghie, le pellicine fino a farsi sanguinare le dita, si pensa al mutuo, ai bambini che vanno a scuola, alla macchina.
si pensa all’altra che come cazzo ce la porto a cortina, si pensa al nido che come lo pago a mattia il secondo anno, si pensa a jana che mi tocca licenziarla e adesso chi me le stirerà le camicie diobono, che mia madre è artritica.
c’è chi ma io me ne sbatto, meglio, me ne sto a casa, prendo i soldi e mi trovo un lavoro in nero, faccio i capelli, faccio le cerette a casa che sono brava.
c’è chi io mi ammazzo, c’è chi io lo ammazzo, c’è chi io li ammazzo tutti e poi mi ammazzo io, anzi no, vaffanculo, io dopo scappo in messico.

a noi ci piace la suspence.

1 sms ricevuto
da: mamma
ore: 13.12
testo: "fioccano lettere. sul mio piano: restiamo in pochi. per il momento non sono ancora stata nominata".

non. ancora.
gli piace proprio, a quelli della ditta di mia madre, creare la suspace.

martedì 10 maggio 2011

l'agro dolcino

oggi ho scritto di una cosa che ho visto stamattina.
mentre la scrivevo pensavo di postarla qui, poi invece, siccome in quella cosa ho parlato molto degli olandesi, ho deciso di metterla sull'altro mio blog, quello di amsterdam, sul sito di zingarate.com.
però poi boh, mi è rimasto un senso di insoddisfazione, di incompletezza, come quando hai voglia di un dolcino a fine pasto ma in casa non hai niente e ti sembra che tutta la cena sia priva di senso, senza quel dolcino.

ecco, è un po' come se mi fosse andato di traverso l'ultimo boccone, a non sapere se ho messo quel racconto nel posto giusto, che forse casa sua era qui e non là.

vabè, ve lo linko e bona lì.


sabato 7 maggio 2011

semplicemente stare

alla gelateria dove lavoro ci sono i clienti abituali, come dal panettiere, dal fruttivendolo, dal salumiere.
io me li ricordo i clienti abituali, anche se in questa gelateria ci ho lavorato due stagioni fa e non l’anno scorso. li riconosco quando entrano e molto spesso ricordo anche quali sono i loro gusti preferiti. mentre sono lì che mi dicono coppetta o cono, piccolo o medio, io me ne esco con “stracciatella, melone e nocciola” e loro rimangono basiti e mi chiedono come faccio a indovinare quello che vogliono ordinare, pensano che io abbia i poteri magici. sorrido, perché loro non si ricordano di me, ma io di loro sì.
tra i clienti abituali ci sono quelli a cui mi sono affezionata e quelli che sbologno alle colleghe appena posso. 
tra gli sbolognati due estati fa c’era il vecchio che si asciugava con la mano il moccico perennemente colante e poi pescava il cucchiaino dal mucchio anche se gliene mettevi dodici nella coppetta e la signora che ordinava sempre otto coni da portare via (ovviamente con panna, zuccherini, granella di nocciole e fuochi d’artificio inclusi).
poi c’era il signore col testone insieme ai tre figli coi testoni.
io odiavo i bambini testoni che arrivavano, urlavano, lanciavano il pallone per il negozio, leccavano la vetrina, toccavano i coni.
ma più di tutti odiavo il padre testone che non diceva loro niente.
soprattutto, l’ho odiato la sera in cui si è dimenticato all’ora della chiusura il figlio più piccolo in negozio.
un bambino di quattro o cinque anni. se l’è scordato.
l’abbiamo tenuto, io e la mia collega, su una sediolina, ad aspettare.
gli dicevamo “adesso vedrai che torna, il papà”, ma in realtà non eravamo mica sicure.
soprattutto dopo quaranta minuti.
il bambino testone stava in silenzio e guardava fuori, nel buio. tormentava le dita sottili del suo tirannosauro di gomma, muto.
“dove abiti? lo sai il tuo numero di telefono?”, gli chiedevamo. ma lui non rispondeva.
alla fine l’abbiamo portato fuori e gli abbiamo domandato se conosceva la strada di casa. la conosceva e la mia collega l’ha accompagnato fino al portone. il padre era in casa, con gli altri figli e la compagna: stavano guardando la tv.  hanno ringraziato la mia collega, sorpresi, come se avesse riportato loro un panno caduto nel suo giardino dal loro stendibiancheria.
quel bambino è rimasto in gelateria un’ora da solo. un’ora da dimenticati a quell’età è un tempo infinito che non ti permette rabbia ma solo angoscia e terrore.
io odiavo il padre testone e non sopportavo il fratello di mezzo che quando arrivava faceva più confusione di una scolaresca in gita. strafatta di cocaina.
non era tanto a posto quel bambino, mi sa. iperattivo forse, sofferente di sicuro. difficilmente gestibile certamente.
epperò io facevo la commessa, io dovevo riempire i cestini di coni, gli scaffali di coppette, fare palline di gelato, stop.
io facevo la commessa e non più l’educatrice, quindi: sticazzi, quel bambino mi dava fastidio.

adesso ho ripreso a lavorare in gelateria e sono tornati tutti i testoni, tranne il più grande.
il fratello dimenticato è un fiore, tutto solare e affettuoso con quello di mezzo.
quello di mezzo è…è un fratello testone e basta.
non fa schiamazzi, non dice parolacce.
non lancia il pallone contro il muro.
cammina e non corre.
sa ordinare il gelato da solo senza tirare cazzotti alla vetrina.
è curioso, ogni volta chiede di provare un cucchiaino di un gusto diverso.
è quello che si definisce un bambino “adeguato”.
però quel bambino testone adesso è solo un testone.
del bambino io non ci vedo più niente.

prima mi cercava con lo sguardo, nella sua confusione. voleva sempre ordinare a me il gelato. forse perché nonostante tutto avevo la pazienza di ascoltarlo anche quando non riusciva a scegliere e sbatteva la testa contro il vetro del banco frigo.
o forse, boh, non lo so.
so però che mi guardava, dentro gli occhi, nel fondo.

io adesso, quando entra, ogni volta vedo un bambino di cartone, uno zombie.
mi fissa con due occhi che mi trapassano, due occhi che ci vedi dentro solo il marrone e basta.
due occhi di drogato stanco.
sono occhi che non gridano più e che non sputano
sono occhi che non stanno bene o male
sono occhi che
semplicemente
stanno.


io voglio fare la commessa, io voglio riempire i cestini di coni, gli scaffali di coppette e fare palline di gelato, io voglio non pensare a niente.