domenica 26 febbraio 2012

scrittura e pensiero dislessico

Mi dicono che dovrei scrivere storie più lunghe, romanzi. Io ho sempre risposto che non ne sono capace.
Adesso però mi sono detta che le cose che non si è capaci di fare si possono, spesso, imparare.
Su consiglio di un’amica, per cominciare, mi sono guardata il videocorso di narrazione di Giulio Mozzi
E’ bravo lui, a spiegare. Ma io, alla fine della serie di video –anzi, prima della fine, alla quattordicesima puntata- ho realizzato che quelle spiegazioni - correttissime e precise- non fanno per me. 
Quando scrivo una storia, io la vedo, tutta, come un film velocissimo e compatto. Per scriverla, devo essere sufficientemente rapida da acchiapparla e sufficientemente abile da distenderla, farla piana, metterla giù in parole perché diventi comprensibile e visibile anche per gli altri.
Quel giochino lì mi diverte.
Se devo mettermi al tavolo a pensare, non mi diverto più.
Io so scrivere quello che vedo e neanche tutto, perché la maggior parte di quello che vedo va troppo veloce anche per me.
Questa cosa l’ho ripetuta più volte, consapevole del fatto che per la maggior parte delle persone queste parole non avessero senso.
L’altro giorno però ho letto un libro che mi ha chiarito le idee e mi ha fornito le parole per spiegare meglio questo mio modo di pensare.
L’autore si chiama Ronald Davis e il titolo del libro è “Il dono della dislessia” (qui ne trovate una parte ).

Davis distingue due tipi di pensatori: quelli verbali e quelli per immagini.
Nello spazio di tempo di un secondo, un pensatore verbale può avere tra i due e i cinque pensieri (parole concettualizzate) mentre un pensatore per immagini ne può avere trentadue (singole immagini concettualizzate).
Il pensiero per immagini –continua Davis- è da quattrocento a duemila volte più veloce del pensiero verbale. Ed è anche più completo e profondo.
L’unico inconveniente è che questo pensiero è troppo veloce.
Se uno stimolo viene presentato per 1/25 di secondo a un soggetto, questo ne è consapevole; per meno di1/25 ma per più di 1/36, il cervello lo riceve ma non ne è consapevole, si tratta di un messaggio subliminale; se, infine, uno stimolo non è presente per almeno 1/36 di secondo, noi non lo riceviamo neanche.
Il pensiero per immagini pare svolgersi a circa 32 immagini al secondo, ovvero a una frequenza di 1/32 di secondo: avviene quindi nella soglia subliminale.
Questo spiega perché molte persone con un pensiero per immagini abbiano spesso delle intuizioni: arrivano al “risultato” senza conoscere i passaggi che hanno percorso per arrivare alla meta, sanno la risposta senza sapere perché sanno la risposta.
Continua Davis: “Molti dislessici trovano il modo di portare la mentazione subliminale alla loro consapevolezza. Se pensano qualcosa di interessante, possono disorientarsi dentro quel pensiero e osservare le singole immagini man mano che scorrono. Quando lo fanno si chiama fantasticheria. (…) La fantasticheria è il processo del genio, come Einstein ed altri hanno provato più volte”.
Continua poi dicendo altre cose interessanti, tipo che per i pensatori multi-dimensionali i pensieri diventano le percezioni e quindi, per loro, i pensieri diventano realtà.

Quando ho letto queste cose mi sono sentita molto meglio, perché finalmente ho capito un po’ come funziona la mia testa. E ho capito che non è un modo più o meno giusto di altri, ma è semplicemente un modo di funzionare, comune a tantissimi, ma -per me- difficile da spiegare.
La mia testa lavora esattamente così, in modo più o meno intenso, più o meno rapido.
Funziona così sempre, quindi anche quando scrivo.
Per me scrivere è un piacere. Ma se devo pensarci in quell’altro modo, quello lineare, verbale, gran parte del piacere scompare.
Io vorrei riuscire a scrivere in un modo bello e piacevole per me e per gli altri, senza percorsi obbligati soprattutto perché la pianificazione di una storia mi annoia mortalmente e mi priva del piacere che sa darmi l’attività dello scrivere.

Per questo io penso che non sono né sarò una scrittrice nel senso comune del termine.
Io sono una che scrive, a modo suo.
E questo voglio continuare a fare finché mi darà piacere.




5 commenti:

  1. "Io sono una che scrive, a modo suo."
    ed è per questo che mi piace tanto leggerti
    elia

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  2. Ecco, come si usa dire su frenfi, +1.
    Mi sa tanto che sono anch'io una di quelle teste lì, quelle che pensano per immagini.

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  3. Quante volte mi capita di "...arrivare al “risultato” senza conoscere i passaggi che ho percorso per arrivare alla meta...", ma non ho neanche mai pensato che fossero importanti! Un post davvero illuminante, bravissima!

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