sabato 14 luglio 2012

come un piccolo bacio


“Grandecompagniadiprenotazionialberghi, buongiorno! Sono Sara, come posso esserle utile?” oppure “Grandecompagniadiprenotazionialberghi, buonasera! Sono Sara, parlo col Signor Tizio Caio?”.
Così, sempre uguale, decine di volte all’ ora, otto ore al giorno. 
Per fortuna la mia scrivania è vicina alla finestra.
Quando rispondo al telefono guardo fuori: il canale grigioverde, le terrazze dei dirimpettai, la barchetta rossa accanto a quella nera e bianca. E immagino.
Immagino la faccia di chi sta dall’altra parte del telefono, le sue dita tozze, le rughe della fronte, le unghie sporche, le pellicine strappate o il french. Immagino ventri rotondi, pelli ustionate dal sole, ventiquattrore, lenzuola da cambiare, frigo pieni, olio solare al cocco, maalox.
A seconda delle voci, dei rumori di sottofondo, degli accenti, delle espressioni utilizzate durante la conversazione, mi figuro cucine economiche, televisori al plasma, uffici senza aria condizionata, scarpe dozzinali, scaffali ikea zeppi di libri, cenere di sigaretta nel piatto tra gli avanzi del pesce, tende del salotto ingiallite, il giro di perle, occhiali con le lenti da cambiare, piercing al labbro, gatti rossi, pappagallini, pannolini da cambiare, bollette del gas, bollette della luce, il bmw in garage, la ricrescita scura sotto il biondo platino, la cera ai pavimenti, la spesa alla coop, le pattine.
Immagino la gente e le loro vite: è una delle cose che più mi piace fare, immaginare.

Ieri Tizio Caio risponde.
Ha la tua stessa voce.
Indossa una camicia bianca a righe blu, con le asole rosse, i Ray-Ban a coprire gli occhi.
I capelli sono ricci, le mani affusolate.
Fa caldo, dove è lui, fa caldo a Positano. Si sentono i gabbiani.
Da me invece piovono cani e gatti, come dicono gli inglesi.
Siede su una poltroncina di plastica bianca al tavolino di un bar affacciato sul mare. Accanto a lui, a innaffiare di like facebook, la fidanzata coi capelli morbidi e spazzolati che profumano di Baby Shampoo Johnson. 
Non pensavo che ancora lo producessero, il Baby Shampoo Johnson.
Lui ride. Anche se è arrabbiato con l’albergatore che è stato maleducato, ride.
E mi chiama per nome, mentre parla.
Due sillabe.
Sa-ra.
Come uno scoppio nelle orecchie.
Sa-ra.
Ci sta tutto nella bocca, il mio nome, come un piccolo bacio.
Sa-ra.
Io, quando un uomo mi chiama per nome, quando un uomo che non conosco mi chiama con il mio nome, mi imbarazzo. 
Mi sale un brivido su per il collo, che mi rizza i capelli.
Non mi succede proprio con tutti gli uomini, però con molti sì.
Soprattutto con quelli che un po’ mi piacciono mi succede.
E questo ha la tua voce, i capelli ricci, le dita lunghe e mi fa ridere.
Non posso ridere al telefono, posso solo imbarazzarmi, quello è consentito.
Eppure vorrei lasciar uscire una risata di gola, che quelle “e” aperte, quegli intercalare così sbracati e ragazzini mi fanno tanto ridere, ora.
E sapesse quanto ho bisogno di ridere in questo momento, signor Tizio Caio.
 “Sara, non preoccuparti, non è colpa tua. Li mandiamo a quel paese, noi, i tipi così, o no?”.
Sa-ra.
Sa-ra.

Ho controllato più volte il suo nome, ero convinta che fossi tu. 
Non avrei voluto riattaccare mai.
Fuori non ha smesso di piovere un attimo.

2 commenti:

  1. E' una cosa che capita anche a me, quando sento pronunciare il mio nome per intero (e non solo Cla, per dire).
    Sempre bello. Mi sei mancata.

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  2. Io mi immagino la vita delle persone quando sono seduta in metrò..se il viaggio è corto corto arrivo solo a pensare a dove potrebbero abitare e in compagnia di chi, se invece bisogna fare il conto alla rovescia con le fermate arrivo a riflettere sul colore del gatto che dorme sul divano, sul contenuto dei sacchetti plastica di ritorno dal mercato sotto casa il sabato mattina e sui libri appoggiati sul comodino..

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se accedi come anonimo perché non sei utente google e blablabla, mi piacerebbe che ti firmassi almeno con uno pseudonimo, così rispondendoti potrò rivolgermi a te in modo meno impersonale. ciao e grazie per il tuo commento!