lunedì 9 aprile 2012

dimmi una parola. #7 "vampiro"


- Un vampiro: quando scrivo divento un vampiro.
Alle loro spalle ci sta il mare e il lungomare e la gente che fa lo struscio: le donne nei vestiti sguaiati, i passeggini, gli uomini con la camicia nera stirata e profumata.
- Il mio mestiere è rubare la vita: quella di chi mi sta intorno, le parole, i gesti. Mie sono solo le cuciture, gli incastri. I personaggi, le loro battute, i tradimenti, gli amori, le perdite invece no: quella è tutta roba rubata, è tutto un bluff.
Lo ammette fiero e sorridente. Lei è a disagio: come si può affermare con tanta serenità di essere un ladro? Cosa è, cosa mi significa questa cosa del rubare?
- Vuoi un po’? Assaggia. E’ il miglior gelato al limone della città.
E gliene ficca in bocca un cucchiaio.
Lei non è abituata a farsi imboccare. E’ una cosa che la mette in imbarazzo. Se qualcuno prova a infilarle un cucchiaio o una forchetta in bocca, rifiuta con decisione; a lui però, non riesce a dir di no. L’ha imboccata anche al ristorante, poco fa: spontaneo, animato dal desiderio di condividere quello che aveva nel piatto. Anche adesso, come prima, le guance le si infiammano e lei si chiede se da fuori si veda quel rossore che l’abbrucia tutta di dentro.

Un gruppo di donne con dei bambini piccoli si è fermato davanti a loro. Ad un tratto, una delle madri –la più pettoruta, quella coi capelli più neri- alza la voce,  sbraita qualcosa in dialetto: lei non comprende. Il figlio guarda la madre negli occhi, accenna un calcio che di poco non la colpisce, la donna grida ancora qualcosa di incomprensibile, ancora più forte, agguanta il piccolo per i capelli e lo strattona. Scosso per la chioma pare una marionetta, un polpo molle sbattuto sugli scogli. Poi la donna acciuffa il bambino per il braccio sinistro, afferra il passeggino col figlio più piccolo che nel frattempo ha iniziato a piangere, saluta le amiche e abbandona il gruppo a gran falcate, ondeggiando i capelli sul culo.
Lui ha osservato la scena per intero, ha posato il gelato sulla panchina, ha estratto da una tasca invisibile un piccolo blocco, ha annotato qualcosa che nessuno sa.
Finisce il gelato a grandi cucchiaiate, si alza, butta la coppetta nel cestino stracolmo di spazzatura.
Dice:
- Andiamocene.

Lei lo segue e pensa che i gabbiani di questa città gridano diversamente da quelli di casa sua, lei pensa che si sente come affacciata a un balcone senza parapetto.


***

La parola di oggi, vampiro, ci è stata sadicamente offerta da Valentina (Vale, mi hai fatto sudare!).
Attenzione: molte vite sono state depredate perché questa storia venisse narrata ma nessuno scalpo infantile è stato sacrificato. 

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