lunedì 22 novembre 2010

icari

se tu mi metti in mano i tuoi sacri occhi e la tua lingua
io ti porto dove solo con la mia mente di anguilla
tu puoi infilarti.
mi riempio la bocca di rane io
e ti ricamo un canto, sotto
nell’acqua del lago immobile e tesa come una tela.
l’acqua di lago odora la morte
ché l’acqua del lago stagna
e non si muove il respiro in essa.
stanno secchi di denti rotti, sul fondo
pensieri corrotti.
ma guarda, ora:
s’è fatta una colla sulla mia pelle di piume nere
e in due e' contagio, contaminazione.
e te lo leggo nelle dita, nel segno puro
il marchio che t’ho bruciato
a lettere piene che parlano una lingua di fuoco nuova
figlia
del nostro guardare.

ma dopo esserci incendiati gli occhi
- che sappiamo arrivare allo zenith, noi -
non ci resta che cavarceli, vicendevolmente
nel nero
come a succhiare lumache piccole
dal guscio rotondo,
come a non avere scelta.

8 commenti:

  1. A me Ungarettosa piaci e poi così ogni lettore può trovare il "suo" significato no?

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  2. mah. e se pero' il lettore si perde?
    c'e' un senso nella profondita' delle cose? esiste il filo rosso che le lega tra loro?
    e come restituire quelle immagini di mondi disgregati che mi appaiono chiari e lineari nella loro complessita'?
    e' questo che mi chiedo.

    'ncio' ncazzo da fare? beh, dai, domani torno al lavoro cosi la smetto di delirare :)

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  3. Abbiamo usato entrambi la parola "anguilla"...saranno affinità elettive oppure sono un copione???

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  4. ti e' andata bene: questa e' serata "condono plagi".
    te la faccio passare per affinita' elettiva, vala'...

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  5. no, no, sempre in olandesia. ma sai che certe tare ce le abbiamo nel DNA, noi italiani...

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