eravamo sedute al tavolino di un caffè lungo un canale, cristina mi aveva appena detto una cosa bellissima e io le ho viste: uno stormo di oche in formazione a V che passava alle spalle della mia amica, seguendo precisa la linea in cui il cielo da blu smalto diventava di colpo rosarancio.
me lo sentivo che sarebbe arrivato il momento, lo sentivo pedalando sull’amstel l’altro giorno che ormai c’eravamo.
mirna me lo dice sempre che devo fidarmi di me, che devo dar retta alle mie sensazioni, che io sento giusto.
le oche passavano e le parole mi si sono gelate e mi sono cadute dalla bocca, disintegrandosi sul tavolino di legno.
sono solo riuscita ad alzare un braccio per indicarle:
- guarda…partono…
poi ho perso il filo del discorso, tutto si è mischiato.
nel canale subito dopo sono passate altre oche, tutte in fila. le oche quando nuotano fanno ridere perché tendono a lungo prima una zampa e poi l’altra, poi tutte e due insieme, e sembra che facciano esercizi di danza classica.
io le osservavo passare e dentro di me le salutavo tutte.
quando sono tornata a casa, qualche ora più tardi, ho guardato nel posticino dove le mie oche vanno dormire alla sera ed erano tutte lì, tutte undici.
io lo so che se ne andranno tra poco.
però stasera le ho salutate tutte bene.
adesso possono andare
tanto lo so che torneranno:
sono le mie oche
e le oche tornano sempre.
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