lunedì 6 settembre 2010

giusto

ancora in stazione, ancora binari, ancora odore di piscio e di treni.
sono arrivata a pisa con un’ora di anticipo, dopo gli esami del sangue della nonna, la fila, il ticket, di nuovo la fila, poi il caffè di corsa, no la nonna il caffè non lo beve ci aspetta in macchina, io prendo una brioche e una focaccina grazie, lascia un po’ di brioche per la nonna, no, non la vuole, ma se gliela lasci vedrai che un po’ la mangia, allora piuttosto gliela lascio tutta, che non è mica un cane.
saluto le due mamme, la mia e la sua della mia, baci, abbracci, ci vediamo presto.
mi allontano col mio trolley, trrrrr, trrrrr, trrrr, sette metri, torno indietro, aspettate, aspettate!
ho un brutto presentimento, ho paura che la nonna muoia, ho paura di non rivederla più. nonna, aspetta, non ti ho salutata bene, un altro bacino, ti voglio bene.
ieri era l’ultima sera della nostra vacanza insieme, volevo che mi insegnasse qualcosa, le ho chiesto di spiegarmi come si fa l’uncinetto. lei mi ha detto tutto, io ho fatto su un gran casino, non riuscivo a tenere né il filo né l’uncinetto, non capivo la logica dei punti, non riuscivo a memorizzarla visivamente, non ci sono riuscita a fare l’uncinetto, mi sono innervosita subito.
la nonna diceva: sempre devi tenere il filo qui sul dito, sempre teso lo devi tenere e così si fa. questo è il trucco, non troppo tirato, non troppo molle: giusto.
giusto. il filo va tirato “giusto”. “giusto” per mia nonna è una categoria che contiene qualità oltre che quantità, arte e bellezza oltre che misura, avvicinandosi molto al concetto aristotelico di giusto mezzo.
quante cose mia nonna definisce usando questo metro? innumerevoli. come lo devo cuocere l’arrosto, nonna? giusto. quanto dormi per notte? giusto. quanto bisogna amare, nonna? giusto. ma esiste davvero una matematica dell’Amore, esiste una misura filosofica del sentimento? a me “il giusto” va sempre un po’ strettino, mi sa sempre un po’ di trattenuto, di pantalone in cui non entri più da due anni e i cui bottoni son lì lì per saltare via. io non so amare il giusto, nonna, non mi piace, io amo da staccarmi la pelle di dosso, amo che mi prosciugo e mi si seccano gli occhi. e com’è, invece, “giusto”? si può amare davvero diverso da così? si può davvero giustamente amare?

nonna, ti rivedrò? sì, mi devi ancora insegnare a fare l’uncinetto.
nonna, un altro bacino.
non piccolo, non grande.
giusto.

5 commenti:

  1. E via che la Sà ti tocca tasti che ci impieghi anni a nascondere sotto il ghiaccio e cravatte...Quattro parole su di una minchia di blog e ti scioglie tutto, nodi e acqua solida...E da qualche parte quest acqua deve pure uscire... :-)

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  2. ossignur, t'ho mandato in lacrime...la colpa però non è solo mia, anche il film che ci siamo sparati prima non ha aiutato...

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  3. oh, ossignur come dici te! quanto amore e tenerezza!!

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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