sono tornata a casa che era ormai mezzanotte passata. ho parcheggiato la bici nella stradina e ho infilato la chiave nella toppa. sono entrata in anticamera e, nel buio, prima di aprire la porta che mi separa dall’unica stanza che costituisce il mio appartamento, ho tirato un sospiro. un sospiro che era un po’ un “uff…la giornata è finita, finalmente” ma anche un “uff…e ora che sono da sola non mi resta che mettermi a pensare a come tutto stia andando dimmerda”. poi ho acceso la luce del corridoio.
per illuminare la camera-studio-salotto non ho un interruttore all’ingresso, devo dirigermi nella penombra verso il letto, allungarmici sopra e inserire nella presa la spina del neon.
oggi sono lì che ripeto questa routine quando, appena varcata la soglia della camera-studio-salotto, sento un odore di pulito che mi fa sentire a casa. ma non a casa mia: a casa della nonnina ACE o del signor spick e span. casa mia di solito ha un retro-odore di muffa, non di pulito.
mi guardo intorno sospettosa, immobile: che mia madre sia venuta a trovarmi senza dirmi nulla? no, impossibile, non ha le chiavi.
gli occhi si abituano al buio in fretta.
- eccoti finalmente, ti aspettavo. ti avevo fatto delle linguine al pesto. ormai si saranno raffreddate. la prossima volta avverti, se tardi.
linguine? pesto? avvertire? machiccazz…
a parlare sono circa due metri di iguana che leggono Het Parool seduti al tavolo con le zampe posteriori accavallate. per parlarmi abbassa il giornale e si sfila gli occhiali. è quella che dormiva dietro al frigo l’altro giorno, mi ci gioco le palle.
- si, dico, grazie. e scusa…
scusa?!? ma mi devo scusare pure con un’iguana?!? e di cosa poi? beh, effettivamente non ho chiamato per dire che avrei fatto tardi, ma davide mi ha chiesto se ci fermavamo a fumare una sigaretta poi ci siamo fatti una birra e si sa come vanno a finire queste cose…
- la prossima volta chiamo, aggiungo.
rimaniamo così, un attimo zitte, nella semioscurità, io e l’iguana. mi sento decisamente cretina e pure un po’ in soggezione, come di troppo.
- hai bisogno del bagno o posso farmi una doccia? chiedo.
- no, vai pure. io ho già fatto. ma prima mangia o la pasta s’incolla.
ubbidisco. l’iguana mi guarda distrattamente, un po’ annoiata. mastico piano, guardinga. l’iguana sbuffa.
- senti ma…come hai fatto ad entrare? le domando.
- veramente vivo qui da quando ci vivi tu. solo che ti sei accorta di me solo ieri.
- ah. mi dispiace. è che non ci guardo spesso dietro il frigo. ma perché stavi lì?
- perché ci hai tanta di quella merda sparsa in giro che non riuscivo manco a stendermi per terra.
- ah. sai, è un periodo un po’ così…
- sì, è un periodo di trent’anni. senti, vai a farti la doccia. io vado a letto. dormo io dalla parte vicino al muro, ho visto che ogni tanto ci camminano dei ragni e non mi dispiace. fai tu i piatti? io ho cucinato.
- ehm…beh, sì, mi sembra giusto. scusa posso sapere come ti chiami?
- ivano.
- ah, ma dai? pensavo fossi una femmina. ivana l’iguana…eh eh eh!
la bestia viene percorsa da un brivido di evidente insofferenza. mi sento un’idiota.
- vuoi un po’ di succo di mela? azzardo, per cambiare discorso.
- no, ho appena lavato i denti.
- ah.
rimango in silenzio, incrocio le braccia sul tavolo e ci appoggio la testa sopra. ieri, quando raccontavo quella cosa del respiro dietro il frigo e dicevo che tifavo per l’iguana, scherzavo. mica pensavo che me la sarei trovata in salotto. cioè, era una cosa così, tanto per scrivere qualcosa. comincio a essere davvero stanca e penso che questi si chiamino segni di squilibrio; non posso nemmeno dare la colpa al caldo, che qui si gira con la felpa e la sciarpina.
ivano piega il giornale e si alza per andare a dormire. prima però si volta verso di me, lo sento, anche se ho la testa abbassata. si avvicina e mi sfrucuglia i capelli, piano.
- e non stare troppo al computer, che non ti fa bene.
mi viene un po’ il magone. sto con la testa tra le braccia ancora un po’, poi mi alzo per andare in doccia.
sento un grande vuoto dentro come se avessi perso qualcosa di importante ma non riuscissi esattamente a capire né cosa, né dove. la presenza di questo sauro un po’ mi confonde ma neanche troppo, a dir la verità. e forse questo è grave.
ho sonno, tanto. i piatti li laverò domani.
- e ricordati di lavare i piatti, che l’ordine che hai trovato entrando non si autorigenera e l’iguana qui ci ha altro da fare che tirarti a lustro casa.
ok, scherzavo, come non detto.
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