ho chiamato la mia nonna, quella del Dono.
quando parlo di mia nonna, i miei amici di solito, per capire a quale delle due mi sto riferendo, chiedono "quella dei pizzoccheri o quella che non ci sente molto bene?". la nonna del Dono è quella che non ci sente molto bene anche se, riferita a lei, l'espressione "non ci sente molto bene" è davvero diplomatica. l'ho chiamata con skype e chiamarla con skype è proprio volerle fare una bastardata perché è tutto un gracchiare e un sibilare a cui lei risponde ostinatamente con uno sconnesso "eh, eh...ma comunque, sì, non ci lamentiamo". in alternativa ti dà ragione, anche se le hai fatto una domanda. a volte la chiamo con skype solo per sentirmi dare ragione, che fa bene all'autostima.
l'ascolto parlare, ripetere cose che mi ha già raccontato mille volte, e riconosco quella musica, quella musica che nelle mie parole non c'è e che non so dove trovare e mi viene una malinconia fortissima.
le chiedo delle storie che raccontava quando ero piccola, da chi pensa di aver preso a raccontare così bene. "dal papà vecchio" mi risponde. il papà vecchio era suo nonno paterno, cioè il mio trisnonno. sento che è lì il filo rosso delle paroline, è lì che tutto si snoda e fila liscio e tranquillo e scende a valle come fiume gonfio di pesci.
sono stanca, ho bisogno di un abbraccio, ho bisogno di parole.
"nonna, ma se io adesso ti chiedo di raccontarmi una storia, tu me la racconti?"
rispondimi di sì, nonna, ti prego.
non ridere, raccontami e basta.
"AHAH!"
no.
ti prego.
"ma la vorresti davvero, anche adesso?"
la voglio soprattutto adesso nonna, adesso che sono a casa in malattia, adesso che sono sola, lontana da casa mia e dai miei amici, lontana dalla persona che amo. la voglio adesso, dopo una giornata di vuoto totale passata tra facebook e youtube, la voglio adesso che mi sento così piccola che potrei starti sulle ginocchia.
"sì, sì, adesso".
per favore. nonna.
...
"eh, ma che storia vorresti?"
SI.
QUESTA è LA domanda.
adesso posso
lasciarmi andare
e
so che
tutta mi ricoprirai
di paroline di voce
e dentro tutto si ricucirà
e io sarò di nuovo tutta intera.
"vuoi una storia inventata o una di quelle che mi sono capitate quando ero piccola?"
davanti alla scelta non capisco più nulla
"scegli tu, quello che vuoi nonna" rispondo.
sposto la tastiera, incrocio le braccia sulla scrivania e ci appoggio la testa sopra.
e la mia nonna inizia un racconto che mi sbalza sull'appennino emiliano già alla prima frase. in pochi secondi sono al castello di matilde di canossa a toano con una nonna di otto o nove anni che deve fare la cresima ed è l'unica bambina col vestito corto perché gliel'hanno prestato.
la mia nonna piccola trova un buco e ci finisce dentro come alice. e come alice bambina curiosa continua a scendere in questo buco che "era sempre più piccolo, sempre più buio e si sentiva un tanfo, come di animali selvatici". e la nonna nel buco continua a scendere e pensa a quello che le dicevano, che la matilde di canossa aveva costruito dei cunicoli che univano tutti i suoi castelli sottoterra "e dicevano che c'erano anche dei fantasmi e sarà stato vero". la nonna scende fino che il nero si fa troppo nero e il passaggio troppo stretto e il tanfo insostenibile e decide di fare marcia indietro e fa pure fatica che quasi rimane incastrata.
quando esce tutta sporca la sua nonna la sgrida.
"la mia nonna" dice "che si chiamava matilde come quella del castello. che andava un po' di moda chiamare le bambine matilde. che se poi pensi che la matilde era del 1100...ce ne han fatte di matilde, che è stata una moda lunga!".
matilde-matilde.
le due clip di una collanina che si apre e si chiude.
"ecco, ti ho raccontato solo ora questa cosa qui perché mi ha fatto molta paura. me lo ricordo come se fosse ieri, quel buco."
e io quel buco l'ho visto, nonna, e ho visto quel nero e respirato quel tanfo. tu parli e io finisco lì dove mi porti tu e vedo quello che dici tu. tu nella voce hai la magia, tu porti dentro il segreto delle parole.
rimango muta, appesa un po' sì e un po' no a questa famiglia di cantastorie.
ma alla nonna, che ha finito di raccontare, il mio silenzio non fa molta differenza, che tanto non ci sente molto bene.
quando parlo di mia nonna, i miei amici di solito, per capire a quale delle due mi sto riferendo, chiedono "quella dei pizzoccheri o quella che non ci sente molto bene?". la nonna del Dono è quella che non ci sente molto bene anche se, riferita a lei, l'espressione "non ci sente molto bene" è davvero diplomatica. l'ho chiamata con skype e chiamarla con skype è proprio volerle fare una bastardata perché è tutto un gracchiare e un sibilare a cui lei risponde ostinatamente con uno sconnesso "eh, eh...ma comunque, sì, non ci lamentiamo". in alternativa ti dà ragione, anche se le hai fatto una domanda. a volte la chiamo con skype solo per sentirmi dare ragione, che fa bene all'autostima.
l'ascolto parlare, ripetere cose che mi ha già raccontato mille volte, e riconosco quella musica, quella musica che nelle mie parole non c'è e che non so dove trovare e mi viene una malinconia fortissima.
le chiedo delle storie che raccontava quando ero piccola, da chi pensa di aver preso a raccontare così bene. "dal papà vecchio" mi risponde. il papà vecchio era suo nonno paterno, cioè il mio trisnonno. sento che è lì il filo rosso delle paroline, è lì che tutto si snoda e fila liscio e tranquillo e scende a valle come fiume gonfio di pesci.
sono stanca, ho bisogno di un abbraccio, ho bisogno di parole.
"nonna, ma se io adesso ti chiedo di raccontarmi una storia, tu me la racconti?"
rispondimi di sì, nonna, ti prego.
non ridere, raccontami e basta.
"AHAH!"
no.
ti prego.
"ma la vorresti davvero, anche adesso?"
la voglio soprattutto adesso nonna, adesso che sono a casa in malattia, adesso che sono sola, lontana da casa mia e dai miei amici, lontana dalla persona che amo. la voglio adesso, dopo una giornata di vuoto totale passata tra facebook e youtube, la voglio adesso che mi sento così piccola che potrei starti sulle ginocchia.
"sì, sì, adesso".
per favore. nonna.
...
"eh, ma che storia vorresti?"
SI.
QUESTA è LA domanda.
adesso posso
lasciarmi andare
e
so che
tutta mi ricoprirai
di paroline di voce
e dentro tutto si ricucirà
e io sarò di nuovo tutta intera.
"vuoi una storia inventata o una di quelle che mi sono capitate quando ero piccola?"
davanti alla scelta non capisco più nulla
"scegli tu, quello che vuoi nonna" rispondo.
sposto la tastiera, incrocio le braccia sulla scrivania e ci appoggio la testa sopra.
e la mia nonna inizia un racconto che mi sbalza sull'appennino emiliano già alla prima frase. in pochi secondi sono al castello di matilde di canossa a toano con una nonna di otto o nove anni che deve fare la cresima ed è l'unica bambina col vestito corto perché gliel'hanno prestato.
la mia nonna piccola trova un buco e ci finisce dentro come alice. e come alice bambina curiosa continua a scendere in questo buco che "era sempre più piccolo, sempre più buio e si sentiva un tanfo, come di animali selvatici". e la nonna nel buco continua a scendere e pensa a quello che le dicevano, che la matilde di canossa aveva costruito dei cunicoli che univano tutti i suoi castelli sottoterra "e dicevano che c'erano anche dei fantasmi e sarà stato vero". la nonna scende fino che il nero si fa troppo nero e il passaggio troppo stretto e il tanfo insostenibile e decide di fare marcia indietro e fa pure fatica che quasi rimane incastrata.
quando esce tutta sporca la sua nonna la sgrida.
"la mia nonna" dice "che si chiamava matilde come quella del castello. che andava un po' di moda chiamare le bambine matilde. che se poi pensi che la matilde era del 1100...ce ne han fatte di matilde, che è stata una moda lunga!".
matilde-matilde.
le due clip di una collanina che si apre e si chiude.
"ecco, ti ho raccontato solo ora questa cosa qui perché mi ha fatto molta paura. me lo ricordo come se fosse ieri, quel buco."
e io quel buco l'ho visto, nonna, e ho visto quel nero e respirato quel tanfo. tu parli e io finisco lì dove mi porti tu e vedo quello che dici tu. tu nella voce hai la magia, tu porti dentro il segreto delle parole.
rimango muta, appesa un po' sì e un po' no a questa famiglia di cantastorie.
ma alla nonna, che ha finito di raccontare, il mio silenzio non fa molta differenza, che tanto non ci sente molto bene.
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